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Messina tra leggenda e storia
- 40 d.C. – 1233 d. C.-
Nella prima parte di questo nostro racconto ho narrato delle origini mitologiche e storiche della nostra città fino ai privilegi concessi dal console Appio Claudio nel 261 a.C.
...Arriviamo così in epoca cristiana.
Essendo Messina città di transito obbligata nel Mediterraneo, si racconta che anche l’apostolo Paolo venne e sbarcò a sei miglia di distanza dalla Città in quel punto della costa detto da allora in poi “Cala S. Paolo”. Fu grazie a lui che i messinesi si convertirono al cristianesimo, tanto che lo stesso Santo, era il 40 d.C., ordinò vescovo il messinese Bacchilo, questo appunto secondo le antiche tradizioni fu il primo vescovo della nostra città.
Si pensa che non esistano negli atti degli apostoli lettere di Paolo nei confronti dei Messinesi, perché essa, rispetto alle altre città si convertì subito a questa nuova religione a tal punto che Paolo non ebbe bisogno di scrivere salmi e sermoni o ammonimenti nei confronti dei nostri progenitori, anzi… Avendo l’apostolo Paolo predicato in Messina intorno alla vita di Gesù, i cittadini manifestarono il desiderio di conoscere sua madre: Maria.
Nell’anno 41 d.C. e mandarono a Lei un’ambasceria insieme alla stesso S. Paolo sulla medesima nave. Giunti gli ambasciatori in Gerusalemme, ebbero in risposta dalla Madre di Gesù la seguente lettera scritta in ebraico:
Maria Vergine, figlia di Gioacchino, umilissima serva di Dio, Madre di Gesù Cristo Crocifisso, della Tribù di Giuda, della stirpe di Davide, ai Messinesi tutti salute e benedizione di Dio Padre Onnipotente. Consta per pubblico strumento che voi ci avete mandato legati e nunzi, e che già per le prediche di Paolo Apostolo vi è nota la via della Verità, e che il figlio nostro, generato da Dio, si è fatto uomo, e dopo la sua resurrezione è salito al cielo. E perciò Benediciamo Voi e la Stessa Città, della quale vogliamo essere perpetua protettrice.
L’anno di nostro figlio 42 in Gerusalemme.
Maria Vergine
La lettera era legata con alcuni capelli della Vergine, che da allora in poi vennero custoditi nella Cattedrale. Per questo fatto Maria fu sempre venerata in Messina sotto il nome di Madonna della Lettera. Gli ambasciatori messinesi furono Girolamo, Origgiano, Marcello, Benefante, Centurione Mulè, Bridio Ottavio. L’originale della Sacra Lettera fu accuratamente nascosta dal Senato messinese quando prima l’imperatore Diocleziano e poi Massimino perseguitarono la religione cristiana. La lettera originale, fu poi ritrovata nell’archivio pubblico nell’anno 430, se ne persero definitivamente le tracce con i disastrosi terremoti che colpirono la città. Queste notizie prendono sempre più consistenza storica perché narrate anche dallo storico Flavio Lucio Destro che ci da notizia che che questa lettera in origine si trovava nell’archivio pubblico.
Approdiamo con un lungo salto al periodo medioevale.
L'impero Romano era formato da tante province che si gestivano da sole, ma unite nel nome di Roma tra di loro. Proprio nel 407 d.C. sotto il regno di Arcadio, avvenne che i Bulgari si ribellarono a Costantinopoli (allora capitale dell'Impero). Arcadio tremendamente spaventato ed allarmato chiese aiuto a tutte le altre province romane, ma nessuno rispose alle richieste d'aiuto e solo pochissimi e valorosi uomini partirono. Pervenuta così la tremenda notizia anche nella nostra città, i Messinesi capitanati dal generale Metrodoro, prepararono una fenomenale flotta composta da 15 navi con l'intento di aiutare l'Impero ormai in pericolo. Giunti a Tessalonica (attuale Salonicco), iniziarono il combattimento contro i Bulgari e senza troppi problemi ne uscirono vincitori, salvando così l'Impero d'Oriente.
Arcadio grato ai messinesi le concesse i seguenti privilegi:
- dichiarò Messina città principale dell'Impero, nello stesso grado di Costantinopoli e Potrometropoli di Sicilia e Magna Grecia,
- le conferì il Comando e Governo perpetuo della Sicilia.
- ordinò che la nave capitolina di Messina avesse in mezzo a tutte le altre il primo posto e che l'Imperatore, dovendo navigare, non si servisse d'altra che quella.
- ordinò ai soldati romani di scolpire nella Torre di S.Sofia a Costantinopoli la scritta: Gran Merci a Messina
- infine consegnò a Metrodoro il vessillo imperiale che aveva per insegna una Croce d'oro su campo rosso.
Il Generale messinese Metrodoro ritornato a Messina sostituì il vecchio stemma della Torre su campo verde con la nuova effige. Così ancora oggi questo simbolo ci contraddistingue... cercando forse, invano, di ricordarci che siamo stati insieme a Costantinpoli capitale dell'Impero Romano d'Oriente, l'unica ad avere determinati privilegi. Questa la storia dello stemma osservato da tutti, ma conosciuto da pochi. Lo stemma che anche la squadra di calcio del Messina porta con onore sulla maglia vicino al cuore.
Riappropriamoci dunque della nostra Identità, traiamo Orgoglio costruttivo nella verità storica di tali narrazioni, come disse lo storico messinese Franscesco Marolì, vero nome di Francesco Maurolico che verificò questa come altre fonti antiche sulle città di Messina grazie all'aiuto della autorità della cronaca "Praxis ton Basileon" che anticamente erano conservate nella vecchia fortezza del S. Salvatore, per capirci quella dove poggia la stele della Madonna.
Nel 514, nasce il vivificatore dell'Opus Dei "Placido", figlio di Tertullo patrizio romano della gens degli Anici una dell più potenti famiglie romane e da Faustina nobildonna messinese. Grande Santo messinese onorato dal popolo fino a qualche decennio fa, ma ormai dimenticato. Sua zia era Elpide una delle più grandi scrittrici di inni sacri e suo Zio, marito di Elpide, era Severino Boezio, considerato da tutti il più grande filosofo Romano. Suo Nonno era Aurelio Simmaco, grande fervente e devoto cristiano. A Messina nel 651 ci fu una nuova incursione saracena, ma un'altra volta grazie a Messina furono scacciati dalla Sicilia grazie anche all'esarca di Ravenna grande amico di Messina. Nel 669 però vi fu un'ennesima incursione e stavolta i terribili saraceni ebbero la meglio e saccheggiarono di nuovo il monastero uccidendo l'Abate di allora, S.Martino anch'egli martirizzato, il corpo di costui pietrificato si trova nel sacello dei Martini nella chiesa di S.Giovanni di Malta. Nel 682 venne assunto al pontificato un cardinale messinese che prese il nome di “Leone II”. A questo papa, che morì dopo appena un anno e che venne santificato dalla stessa chiesa, la città di Messina dedicò nel 1623 una delle 18 porte dell’antica palizzata e precisamente quella che dalla marina conduceva al Pozzoleone, la quale perciò fu detta porta leonina, oggi a lui è intitolato il IX quartiere, quello appunto di S. Leone che riunisce i territori che vanno da Scala Ritiro al Muricello, dal Dazio al Ringo.
Nel 827 la Sicilia cade sotto il dominio degli arabi meno Messina, Taormina e Siracusa. Essi vengono domati fuori le mura della città, lontani a distanza, essi occupano soltanto qualche villaggio vicino e qualche torre nei dintorni, una di queste si pensa sia quella del borgo di Ganzirri. Ecco che nel 800 si ripete un terzo eccidio di benedettini. Messina cade solo nel 976 dopo 300 anni di eroica e gloriosa resistenza. Resta schiava per 80 anni dove vive umiliazioni, stragi e epiche ed eroiche gesta come quella suprema compiuta dalla Compagnia dei Verdi in una estenuante ma vittoriosa battaglia in pieno centro cittadino, alla Darsena, in difesa del SS. Sacramento, zona dove oggi risiede il Bar del Sud. Non si poteva praticare nessuna pratica cristiana e dopo questi episodi che nascono le leggende di Mata e Grifone, parola che unita tradotta dal latino significa uccidi i musulmani ed è da qui che nascerà il cammellaccio che gira per le vie della città e la nostra processione più solenne la Vara.
Tre messinesi, in un giorno del 1060, Ansaldo Patti, Jacopino Saccano e Cola Camuglia, passeggiavano solitari nel piano di S.Giacinto, oggi S.Raineri. Essi discorrevano delle sventure di Messina sotto gli arabi. Ad un certo punto il più fervido Cola Camuglia, accorgendosi che poteva fidarsi degli altri due amici, disse loro...<<Amici, il nostro dolore a nulla giova, ed è cosa indegna d'uomini generosi il deplorare le proprie sciagure senza cercare di mettervi riparo!>>. - O se un riparo ci fosse! - esclamarono gli altri. <<Eppure c'è, questi ladroni di saraceni debbono la loro fortuna più alla nostra dapocaggine che al loro valore. Ma orsù il momento di scuoterci da questo letargo è giunto. Un aiuto sicuro a questa impresa lo troveremo nei normanni, popolo generoso e forte che si trova lì in Calabria, a poche miglia da noi. Invochiamolo, chiamiamo poi alla riscossa i cittadini e vi assicuro che in poco tempo in Messina e tutta l'isola non rimarrà un solo saraceno>>. Piacque agli amici il disegno del Camuglia e tutt'insieme giurarono di dare ad esso esecuzione. Infatti, il giorno appresso, fingendo di essere chiamati per affari nella vicina Mileto, vi si recarono separatamente. E giunti al cospetto del Conte Ruggero, valorosissimo guerriero, lo supplicarono in nome della città e dell'Isola di volare in soccorso dei cristiani. Egli accettò! Allora Jacopino Saccano diede al Conte un Crocifisso e questi ricevendolo promise che con tutte le sue forze li avrebbe liberati dalla tirannide maomettana. Tornati a Messina, i tre amici con la maggiore circospezione, informarono i cittadini del passo da loro fatto e della risposta avuta. Perché in quel giorno non fosse fatta confusione nelle case dei cristiani venne messa una croce. Mentre i cittadini preparavano segretamente le armi. Il Conte Ruggero intanto, mantenne la parola, confortato dalla Parola del Papà Nicolò II, l'anno seguente partirono da Reggio con 26 galere ed approdarono sulla spiaggia di Maregrosso. All'estremità del braccio di S.Raineri lì il Conte vide pendere dalle forche 12 cittadini, ne provò tale cordoglio che fece giuramento di innalzare un tempio al Salvatore del Mondo, se il cielo gli avesse dato la forza di liberare la città dai musulmani. Infatti lì c'è ancora un forte chiamato il S.S. Salvatore, ripreso poi nel 1500. Mentre Ruggero approdava nella rada di S.Francesco di Paola, attuale sede dei traghetti privati, il fratello Goffredo sbarcò sul piano della Mosella. Intanto i cittadini aprivano le porte della città ai Normanni e prese le armi per tutta la notte fecero strage dei saraceni. Così i musulmani furono vinti e cacciati dalla città. Fu quindi il Conte Ruggero, Normanno, che aiutò i messinesi a cacciare i Saraceni, quando furono definitivamente fatti fuori era l’anno 1086. Ruggero poi prese la croce datagli da Saccano come pegno e la fece issare sul campanile della Chiesa di S.Nicolò che allora era la Cattedrale della città. Il 12 agosto del 1086 Ruggero fece il solenne ingresso in Messina, a cavallo d'un cammello e fu accolto con indicibile dimostrazione di ossequio e di affetto da tutto il popolo plaudente. Poi memore del voto fatto, edifico il S.S. Salvatore un tempio all'estremità del braccio di S.Raineri, proprio doveva aveva visto appesi quei cittadini alla forca. Nasce proprio in ricordo del suo ingresso sul cammello che ancora oggi esso sfila per le vie della città durante le festività del mezzagosto messinese, anticamente vi era proprio una festa particolare chiamata la festa "du Camiddu" durante la quale un simulacro di Cammello era portato in giro da due uomini di bottega in bottega e rubava per mano di costoro quanto più poteva degli oggetti messi in mostra. Inoltre proprio in suo onore venne costruita quella poderosa macchina che è la Vara simbolo ed emblema nel quali tutti i messinesi almeno per un giorno l'anno si identificano.
Nel 1129 il Conte Ruggero II veniva incoronato a Palermo Re di Sicilia. In quella circostanza egli spedì a Messina un diploma dove concedeva i seguenti privilegi:
Che, eccettuati i casi di Stato, i Messinesi non potessero essere giudicati che da giudici eletti da loro e in Messina residenti.
Che nessun ufficiale del fisco potesse procedere contro alcun cittadino e che tutte le controversie del fisco fossero giudicate dai tribunali eletti come sopra.
Che l'autorità regale non si esercitasse mai dispoticamente in Messina, ma venisse temperata dalle leggi.
Che nessun ordine regio avesse vigore od effetto qualora non fosse conforme alle leggi e agli statuti di Messina.
Che tutti gli ufficiali pubblici della città, nominati da Re, fossero Messinesi e ad i Messinesi piacessero.
Che il Re fosse sempre reputato cittadino coronato in Messina.
Che in tutte le assemblee pubbliche convocate da Re Fosse riserbato ai deputati di Messina il primo posto.
che soltanto in Messina potesse battersi moneta.
che i Messinesi fossero esenti da qualsiasi gabella e diritto di dogana.
che potessero tagliare nelle foreste regie quanto legname occorresse a costruire e a risarcire i loro navigli.
Che fossero i Messinesi esenti dal Servizio Militare.
Che l'onore di portare lo stendardo regale fosse di Messina
Che discutendosi in assemblea degli interessi di Messina, nessuna deliberazione fosse valida se non presa in presenza dello Stradigò e degli altri ufficiali e giudici della città.
Che gli Ebrei di Messina godessero i medesimi privilegi e immunità degli altri cittadini.
Che i Messinesi potessero essere ammessi a qualunque servizio Regio.
Poi Ruggero II in Messina istituì un consolato formato di messinesi i cui componenti erano scelti tra gli armatori delle navi e commercianti, affinché giudicasse le controversie relative gli affari marittimi. E fu proprio da Messina che conquistò man mano tutte le altre città siciliane. Fu proprio lui a consacrare il primo tempio cittadino, la cattedrale, il Duomo sotto il nome di S. Maria la Nuova. Ruggero II muore a Messina nella notte del 27 settembre 1198 a Messina. E noi giustamente in suo nome non gli abbiamo intitolato neanche una Via, un vicoletto.
Con Ruggero iniziano le leggende popolari come quelle della Fata Morgana, autentico fenomeno naturale. E’ in questo periodo che nasce la leggenda di “Cola Pesce”, famoso nuotatore del quale ancora oggi il ricordo è vivo nella memoria popolare. Egli era tutt’uno con il mare, aveva facoltà inimmaginabili nell’acqua e per questo Nicola fu chiamato da tutti Cola-Pesce. La fama di quest’uomo giunse fino alla corte di Federico II, re di Sicilia. Correva l’anno del Signore 1233 che Federico era in visita nella città di Messina e per mettere alla prova le capacità di quest’uomo eccezionale il Re gettò nel mare una tazza d’oro. Cola doveva recuperarla a nuoto. In men che non si dica Cola riemerse dalle acque con la tazza. L’esperimento fu rinnovato più volte, la tazza venne lanciata sempre più lontano ed ogni volta Cola riemergeva trionfante. Federico volle metterlo alla prova per l’ultima volta lanciando il più prezioso degli anelli che aveva al dito. Cola si rituffò, ma questa volta tardava a riemergere. Sulla riva attesero invano, Cola non riemerse più. La leggenda a questo punto si appropria della storia e vuole che egli sia rimasto sott’acqua per reggere una delle tre colonne sulle quali poggia la Sicilia che stava incrinandosi. Proprio quella colonna che si trova sotto la città di Messina. E quando, ancora oggi, Messina trema, forse è Cola Pesce che stanco, sta cambiando posizione per continuare a reggere quella colonna, ma noi cittadini messinesi sappiamo che egli mai cesserà di fare da puntello quel pilastro.
A questo punto vorrei narrare di ....
Riccardo Cuor di Leone
Udite udite popolo tutto…
Qui verranno cantate le ardite e scellerate gesta de lo Re Normanno,
de lo Re Riccardo, detto Cuor di Leone per lo suo ardimento e lo suo coraggio.
Lo re delle crociate, colui che vinse lo “feroce” Saladino.
Egli partì dall’Inghilterra ed era l’anno del Signore 1189 quando sbarcò nella nobile Messana.
Qui si fermò da conquistatore e i suoi uomini abusarono delle donne siciliane e ogni tipo di razzia venne compiuta in nome della libertate e de la justitia.
Dopo sei mesi di otium partì e diresse la prua della sua barca verso la Terra Santa.
Andò a combattere la terza crociata bandita da lo Papa Gregorio VIII…
……
Nel sito http://www.mondesnormands.caen.fr/italie/histoires/10/histoireNorm10_1.htm sugli ultimi normanni è riportata la storia del viaggio di Re Riccardo, queste sono le tappe e le date fondamentali:
<<Riccardo s'imbarcò da Marsiglia per la Terra Santa nell'agosto del 1189, fermandosi lungo la via a Messina, in Sicilia, per recuperare la dote e il lascito della sorella Joan che era stata sposata con l'ultimo re di Sicilia, Guglielmo II. Per avanzare la sua richiesta, dovette esercitare una forte pressione nei confronti di Tancredi, il nuovo re, e un trattato fu stipulato soltanto dopo che nell'ottobre 1190 la città venne occupata. Riccardo convenne ad un trattato anche con il compagno di Crociata, il re Filippo Augusto di Francia, nel quale era compresa la rinuncia di Riccardo all'impegno di sposarsi con la sorella di Filippo, Alice, in maniera da poter sposare la principessa Berengaria di Navarra.
Nell'aprile 1190 Riccardo lasciò la Sicilia per Cipro, che conquistò prima di sposare Berengaria nella cattedrale di Limassol. A giugno Riccardo arrivò con le sue forze nella terra santa e si unì all'assedio di Acre, che a luglio cadde in mani crociate. A quel punto, Filippo Augusto abbandonò la Crociata e Riccardo ne divenne il capo indiscusso. Tuttavia, nonostante nel settembre 1191 sconfisse Saladino, il sultano turco, Ricardo non riuscì a prendere Gerusalemme.
Nell'aprile 1192 Riccardo seppe che il fratello Giovanni stava organizzando un complotto contro di lui ed aveva espulso dall'Inghilterra il suo vice, Guglielmo Longchamp. Venne così a patti con Saladino, che consentiva alla creazione di un regno latino indipendente sulla costa e, nell'ottobre 1192, lasciò la Terra Santa.
Dopo aver saputo che il re di Francia gli stava preparando un'imboscata, Riccardo non tornò via Marsiglia, ma navigò lungo l'Adriatico, puntando su un percorso via terra. Abbandonò la nave al largo di Venezia e riuscì ad arrivare fino a Vienna dove fu catturato da Leopoldo, duca d'Austria, un uomo che lui aveva insultato durante l'assedio di Acre. Nel febbraio 1193 Leopoldo consegnò Riccardo all'imperatore di Germania Enrico VI in cambio di una quota del riscatto previsto.
Nel febbraio 1194 Riccardo fu rilasciato a Mainz su pagamento di un riscatto di 150.000 marchi d'argento (100.000 sterline) che l'imperatore usò per conquistare la Sicilia e portare ad una fine il regno normanno nell'isola.
Riccardo ritornò brevemente in Inghilterra nel marzo 1194 per reprimere la congiura del principe Giovanni. Fu nuovamente incoronato a Winchester e nominò Hubert Walter, arcivescovo di Canterbury, per sostituire Longchamp come suo vice. Partì, quindi, per la Francia per difendere i suoi possedimenti normanni contro il re francese.>>
Il legame storico si palesa guardando Roccaguelfonia, nata con il nome di Matagrifone eretta dal Re Riccardo I d’Inghilterra quando nel suo viaggio verso la Terra Santa, si fermò nella città di Messina che la volle costruire come segno della sua grandezza e della sottomissione che i cittadini messinesi dovevano avere nei suoi confronti.
Nella città dello Stretto egli passò 6 mesi nel 1189 e durante questo periodo il Re ed i suoi uomini si sfrenarono in mille razzie e prevaricazioni. Riccardo fece di Messina il suo quartier generale in attesa che il tempo migliorasse, calmassero i venti e potere così ripartire alla volta della Terra Santa.
La storia ci tramanda che per ragioni dinastiche ed ereditarie Re Riccardo si scontrò col re di Sicilia Tancredi, che succedette a Guglielmo il Buono sposato con Giovanna, sorella di Riccardo e per la quale, essendo rimasta vedova, il re anglo-normanno chiedeva la restituzione della dote.
A Messina era giunto il 15 settembre 1190 Filippo II Augusto, Re di Francia, che era partito anche lui per partecipare alla III Crociata. Si trovò in terra peloritana il 23 settembre Riccardo I, duca di Normandia, che era partito da Marsiglia. Tra i due monarchi si strinse una strana alleanza ai danni della città di Messina.
Ma i messinesi mal tolleravano la prepotente presenza di Re Riccardo e dei suoi facinorosi uomini, tanto che insorsero e vennero con loro alle armi.
Il malcontento e gli attriti aumentavano finchè le opposte fazioni si fronteggiarono in uno scontro cruento che portò gli inglesi ad occupare la città, a sottometterla tanto che i vessilli inglesi sventolavano su tutti i castelli di Messina.
Sembra che proprio dopo questo episodio Riccardo ebbe l’appellativo, proprio dai messinesi, di "Cuor di leone".
Tancredi sospettando di nefande alleanze e intrighi di potere da parte di Re Riccardo strinse un patto di alleanza con i cittadini messinesi contro il comune nemico. Saputolo Riccardo occupò Messina per 40 giorni, stringendola d’assedio tra Bagnara e la penisola del SS Salvatore a Messina.
I messinesi resistettero all’inverosimile, ma questo coraggio ed eroismo dei cittadini, fece aumentare la ferocia del Re che mise a ferro e fuoco la città facendo uccidere un gran numero di eroici cittadini.
Riccardo ottenuto da Tancredi quanto chiesto, finalmente si decise a continuare il viaggio verso la Terra Santa.
Tancredi fu costretto a comprare la pace perché voleva l'aiuto degli inglesi contro il rivale tedesco.
Riccardo, largamente ricompensato, si racconta che regalò a Tancredi “Exalibur” la spada del re Artù.
Secondo gli storici l'intervento a Messina del re inglese si ebbe per la secolare rivalità tra la comunità greca dei Griffones, influente e dispotica, che deteneva il potere politico, giudiziario ed amministrativo e il Latini. I Griffones temevano tutti gli stranieri e sopraffacevano gli altri abitanti soprattutto i Latini, che invece, grazie a Re Riccardo, riacquisiranno la propria identità e la propria libertà.
Questi fatti storici e la presenza a Messina di Riccardo Cuor di Leone ci sono ricordati da un’imponente opera architettonica che è la Rocca Guelfonia o Matagrifone, che si eleva sulla collina omonima e domina la città.
Alcuni studiosi ritengono che l’antica rocca di Matagrifone fosse stata costruita direttamente da Re Riccardo per tenere, come detto sopra, Messina sotto scacco e dominarla.
I fatti certi sono che la Rocca, come Acropoli, fu costruita dai cartaginesi in forma ottagonale come sede del governatore, e per rendere Messina città fortificata con baluardi degni di tale nome.
Divenne quindi una cittadella mamertina che fu ampliata e completata dai Romani. La scala a spirale fu costruita del Conte Ruggero che modificò il maniero nel 1081, gli diede aspetto di reggia e lo rese imponente perché di essa volle fare la sua reggia. La Rocca era circondata da una tenuta normanna. Costanza D’Aragona, vi abitò con il marito nel 1284. Dopo la guerra del 1674 passò ai frati scalzi e li vi soggiornò il principe Carlo d'Angiò, primogenito del duca D'Angiò che era stato fatto prigioniero da Ruggero Lauria nel corso di una battaglia navale.
Infine nel 1839 i monaci furono scacciati e in quei luoghi sacri trovarono posto magazzini e scuderie e la Rocca fu adibita a prigione. Pare che nelle sue celle vi trovasse la morte Macalda di Scaletta, eroina e ardimentosa protagonista del Vespro messinese.
Dall’unione del verbo latino latino maetere=ammazza e Grifoni=greci, detto in senso, dispregiativo deriverebbe il nome di Matagrifoni ovvero Ammazzagreci poiché il Re Riccardo aveva in grande avversione la componente greca della città.
La verità si perde tra storia e leggenda e l’ipotesi certamente più valida è che il Re Riccardo abbia solo restaurato e potenziato militarmente la rocca-castello di antica origine per spargere terrore tra i greci-bizantini, ed egli alla fine realizzò solo la torre detta Matagrifona, e non l'intera roccaforte. Pare che lo stesso Riccardo prima di partire da Messina la fece abbattere, in seguito fu ricostruita dagli stessi latini come fortezza reale in ricordo del passaggio da Messina del Re delle Crociate.
Riccardo partì per la Terra Santa il 10 aprile 1191, seguendo la flotta di Filippo, partita il 30 marzo.
Dal nome della rocca e dell'omonimo colle è nata poi nei secoli la leggenda dei giganti "Mata e Grifone", con la gigantessa rappresentata in espressione trionfante e dominate e recante sul capo come simbolo di potenza le tre torri cittadine e con il gigante dalla pelle scura e l'aspetto severo e rude, con il capo libero e l’orecchino pendente, in senso di dipendenza
Ma perché Riccardo Cuor di Leone giunge a Messina?
Questi i fatti storici:
E’ il 1189 la Terza Crociata (1189-1192) viene bandita da Gregorio VIII, appena salito sul soglio dopo la morte di Urbano III, ma su cui vi rimase nemmeno due mesi e a cui successe Clemente III. La motivazione era la caduta di Gerusalemme (1187) per opera del grande condottiero turco Saladino, che aveva con una serie di strepitose vittorie già esteso la sua signoria sull’Egitto e sull’Arabia occidentale.
In Sicilia all'inizio di novembre, durante i preparativi con la flotta già in partenza, muore Re Guglielmo II, fratello di Ruggero II d'Altavilla, sposato a Giovanna sorella di Riccardo Cuor di Leone, da poco re d'Inghilterra.
Guglielmo senza eredi, al matrimonio della nipote Costanza (figlia di suo fratello) con Enrico il figlio di Barbarossa, aveva imposto ai suoi vassalli di giurarle fedeltà, indicando così la futura successione.
Dovrebbe quindi succedere a Guglielmo II e regnare il genero Enrico con la moglie Costanza, ma a furore di popolo, una fazione siciliana con l'appoggio del Papa, elegge l'altro figlio illegittimo di Ruggero II, il fratellastro di Costanza: Tancredi conte di Lecce; mentre un'altra fazione anti-tedesca come l'altra, parteggia per il figlio di Barbarossa solo perché hanno in odio Tancredi; e un'altra ancora meno consistente parteggia per Ruggero d'Andria.
A complicare questa successione, con l'arrivo dei crociati inglesi a Messina, si presentò anche Riccardo Cuor di Leone, da pochi mesi re d'Inghilterra dopo la morte di Enrico II cognato di Guglielmo, per rivendicare il patrimonio che spettava alla vedova, cioè sua sorella Giovanna.
Nell'attesa, s'impossessò con i suoi soldati di Messina, deciso a non andarsene.
Tancredi per liberarsene fu costretto a fornire 60.000 carichi di grano, 100 galee equipaggiate, 200 cavalieri, un tavolo d'oro massiccio lungo 4 metri, 24 coppe d'oro, alcune navi ricolme d'anfore di vino e d'orzo, un 1.000.000 di tari (moneta aurea araba usata in Sicilia) e 20.000 once d'oro.
Tancredi si liberò dell'avido parente dopo due anni, quando Riccardo dopo aver quasi inglesizzato Messina con i suoi soldati e la corte al seguito, finalmente ripartì per la crociata in Terrasanta nel marzo del 1191.
Per Tancredi era solo l'inizio di una serie di gravi difficoltà. Enrico intendeva prendere con la forza l'eredità che gli spettava, ed oltre alla potenza militare che possedeva, fu anche appoggiato da alcuni nobili normanni in esilio, che erano stati in precedenza, allontanati dall'isola per tanti motivi.
Enrico, ci riuscirà il 20 novembre del 1194, seminando morte e terrore sull'isola con sanguinose repressioni. Tancredi, era morto pochi mesi prima, il 20 febbraio dello stesso anno; i siciliani che poi aprirono le porte di Palermo ad Enrico, ebbero modo di rimpiangerlo nonostante il breve regno. Del figlio ancora infante, Guglielmo III, ultimo possibile re Normanno di Sicilia, non si seppe più nulla; alcune fonti dicono deportato e morto in Germania, altre affermano che fu catturato e mutilato da Enrico VI, e altre ancora che fu seppellito in un convento.
Per la Sicilia terminava e iniziava un altro periodo storico: con i tedeschi.
Poi il destino si mise in mezzo, con una nascita, proprio nel periodo più fosco della Sicilia. Nello stesso 1194, nasceva Federico II, figlio di un tedesco, Enrico, figlio di Federico Barbarossa, sacro romano imperatore, ma con il sangue materno di una normanna, Costanza d'Altavilla, la figlia del grande Ruggero II.
Il grande Federico II fece poi ritornare il "sole" in Sicilia. Il periodo più "luminoso" dell'Isola. Da "buco nero" a epicentro di un nuovo universo in formazione, con il "big-bang" esplosivo di tutta la cultura europea del XIII secolo.
Luci e ombre dunque sul valoroso Riccardo Cuor di Leone, re delle crociate, essi erano poi in fin dei conti eroi o predoni? Il Saldino era solo una scusa per partire alla conquista di terre lontane poiché il Saladino non effettuava stragi nelle città vinte ai cristiani che anzi avevano la possibilità di andarsene pagando un riscatto e chi non pagava era fatto schiavo. Ma poi Saladino abolì anche quest'iniqua richiesta per chi voleva andarsene e neppure costrinse a fare gli schiavi chi restava se aveva delle qualità che gli permettevano di vivere del suo lavoro senza gravare nelle casse dello stato. Mise perfino una milizia per proteggere da alcuni fanatici musulmani la minoranza cristiana.
Il fatto certo è che nelle città dove transitavano invece i crociati si comportavano dal un lato spesso da predatori e prevaricatori sottomettendo e terrorizzando, e dall’altro, amanti dell’arte e del bello, molte volte lasciavano tracce architettoniche della loro cultura.
40 a.C.-1233 d.C. 1250 d.C.-1571 d.C
1595 d.C.-1708 d.C. 1713 d.C.-1783 d.C.
1847 d.C.-1854 d.C. 1858 d.C.-19.. d.C.