Natale
Catanoso
Nato
Messina l' 11
luglio 1794, conseguì
in Palermo
la
laurea di
dottore in
medicina nel 1812.
Quattr'anni dopo,
per intercessione
di monsignor
Grano,
fu
dal Comune
mandato a
proprie spese
a
perfezionarsi negli
studi
nei più
importanti centri d'Italia
e
di Francia.
A Pisa
ascoltò le lezioni
del famoso
prof. Vaccà
Berlinghieri, ed
a Parigi
divenne
così
esperto nelle sezioni
cadaveriche, che
il celebre frenologo
Gall
credette di
trovare nel
suo
cranio sviluppatissimo
il
lobo delle
facoltà
comparative. Dopo
tre anni
di perseveranti
fatiche
durate
sotto
la guida d'un
Boyr,
d'un Dupuytren,
d'un
Beclard,
d'un
Roux,
d'un
Leroyer, d'un
Dubois,
tornò
in
patria nel
1819,
e vi
ebbe campo
di sperimentare
la
sua valenzia
a
vantaggio dell'egra
umanità. Nell'esercizio
della
sua professione
il
Catanoso riva1eggiò
coi più
grandi operatori d'Europa,
ed
è meraviglia
-
dice il
suo biografo
Marcantonio Barba
- osservare
che,
mentre è
gloria essere
valoroso
in
uno solamente, egli
fu grande
in
tutt'i rami
della
medicina operatoria, sicché
riunì
in sé
solo quanto basterebbe
a
dar nominanza
a
molti. Cessò di
vivere in
Messina il 21
settembre
1845.
Anastasio Cocco
Insigne
naturalista, nato
in Messina il
29 d'agosto
1799. Compie i primi studi
naturalistici sotto la guida dei fratelli Gioacchino ed Antonio Arrosto.
Viene accolto nel 1819 nell'Accademia Peloritana de' Pericolanti. Si
trasferisce a Napoli, ove segue i corsi di Domenico Cotugno e Vincenzo Semmola,
ma è costretto ad un rientro tempestivo a Messina per la morte del padre. Qui
diviene uno
di più
eminenti professori
di
farmacologia del nostro Ateneo
coltivando con successo
la botanica
e
l'istologia. Per motivi professionali non fu presente, benché designato
dall'Accademia Peloritana come proprio rappresentante, alla prima adunanza degli
scienziati italiani, che si teneva a Pisa nel 1839. Partecipò invece attivamente
all'adunanza napoletana del 1845, di cui fu per il settore zoologico uno dei
protagonisti sotto la presidenza di Carlo Luciano Bonaparte. Infine pubblicò
importanti
lavori, tenuti
in
gran pregio
in
Italia e fuori;
fra gli
altri sono
notevoli i
Pensieri
sulla Istologia,
l'Indice ittologico
del mar
di Messina
e
molte altre, tantissime operedi monografie
di
botanica, fisica
e
storia naturale.
Morì il
26 febbraio 1854, diventando a
livello internazionale con i suoi scritti punto di riferimento in tali
discipline.
L'ittiologo
tedesco
Ruppel
diede il
nome di Cocco
ad
una
nuova specie
di
pesci
del
mare
di
Sicilia: Microichtys
Coccoi.
Felice
Bisazza
Felice
Bisazza,
poeta e
letterato di
chiara fama, nacque nel
1809.
Collocato
nel
collegio
Carolino, oggi Alighieri,
vi compì
gli
studi
elementari, e
vi
ebbe i
primi insegnamenti
letterari. Qui
cominciò
a
dare non dubbi segni
di
quel
genio
poetico, per
il
quale doveva
poi
acquistare
così
grande
reputazione
non solo
in Messina, ma
anche in
Sicilia e nel
resto d'Italia.
A
vent'anni pubblicò il
suo primo
volume
di
versi, intitolato Saggi
poetici, i
quali furono
accolti con
ammirazione, e
giudicati pregevoli dall'
Arici, dal
Bette, dal
Giordani, dal Gargallo e
dal Botta.
A questo
volume tennero dietro
altri
lavori, fra
i quali sono da
noverarsi le Leggende
ed Ispirazioni,
la
Morte di
Abele, tradotta
dal tedesco,
i
discorsi sulla
Letteratura poetica, sul
Romanticismo, sulla
Dignità poetica, e
il libro
Fede e
Dolore, che
gli meritarono il
grado di
professore di letteratura italiana
nel patrio
Ateneo, ed una
reputazione cui
non valsero
a
distruggere le
insinuazioni degli emuli
e
degli invidiosi. Scrisse
anche molte opere per uno dei teatri più famosi dell'epoca il Vittorio Emanuele
di Messina insieme al musicista, insigne messinese, Laudamo. Quando
nel
colera del
1867,
gli amici
lo
eccitavano a
lasciare la
città per un
rifugio qualsiasi
in
campagna, egli rispose
loro:
"Dovunque io
mi rifugga, la
spada di
Dio mi
raggiungerà se
egli vuole
colpirmi; e se
vuole colpirmi, ciò
non può
essere un
male, perché
Dio
è un
bene". E questo
suo
fatalismo doveva
più
tardi costargli
la
vita; attaccato
dal morbo,
non
ricorse né
a medici
né
a farmaci,
ma
alle preci
e alle
immagini dei santi;
e
così fra
le atroci
contorsioni del
fiero morbo,
spirava
la
mattina del 30
agosto.
Giuseppe
La Farina
Fu strenuo soldato dell' indipendenza siciliana, cittadino
preclaro, storico
illustre
ed
uomo di Stato
fra
i più
noti d'Italia. Nacque in
Messina
il 20
luglio 1815 da famiglia buona ed
umile nei pressi della Chiesa del Purgatorio in Via Darsena. Il padre era,
il cav. Don Carmelo La Farina e la madre Anna Muratore.
Il giorno seguente venne battezzato nella famosa Chiesa dei Catalani, comunque
non distante dalla sua abitazione.
Giuseppe sotto la cura dei migliori maestri privati (Vasta e Saccano) studiò
italiano, latino e greco fino all’età di undici anni; dal 1826 al 1832 frequentò
le scuole dell’Accademia Carolina (eretta poi ad Università) per apprendere
matematica, fisica, filosofia, chimica e anatomia con i maestri Fiore, Proto,
Caracciolo, Bruno e Prestandrea. A tredici anni, gli permisero di stare con il
padre che nel 1828 per motivi politici fu perseguitato e rinchiuso nelle carceri
di Palermo prima e Castellamare del Golfo dopo questo soggiorno poco piacevole
in compagnia del genitore gli fece comprendere la sofferenza e le tribolazioni
di chi si batte per un ideale. Dopo un anno riprese gli studi; a diciassette
anni si iscrisse al corso di Giurisprudenza, ed il 7 maggio 1835 si laureò
all’università di Catania, perché l’Accademia Carolina non poteva allora
conferire laurea dottorale. Ma non era l’avvocatura che l’affascinava, e con lo
slancio e l’entusiasmo della giovinezza si diede a cospirare e a fare propaganda
con gli scritti e con i discorsi, sostenendo idee liberali e di progresso per la
redenzione della Patria. Il 23 luglio del 1835
sposò la giovane Luisa Di Francia, che fu il primo e l’unico suo amore e sorella
di quel grandissimo uomo messinese che verrà nominato Santo dalle genti e
dalla Chiesa Cattolica, Annibale Maria di Francia, si proprio così La Farina e Annibale
diventarono cognati. Successivamente sempre mosso da quei superbi ideali
patriottici partecipò
ai tumulti destatisi nell'isola
durante l'anno 1837, ma proprio per
questo suo fervore antiborbonico fu costretto all'esilio, dove raggiunse il 9
settembre la città di Firenze, ma in quello stesso anno fu anche a Roma e Napoli. Ritornò a Messina verso
la metà del 1838, in seguito ad un’amnistia concessa da Ferdinando II. L’anno
dopo si recò a Napoli per cercare di collegare gli sforzi liberali di Sicilia
con quelli del continente. Dedito agli studi di storia e di arte, pubblicava
intanto un’opera interessante: "Messina e i suoi
monumenti"; ma preso di mira dalla polizia, tra l’agosto ed il
settembre del 1841, riparò esule in Toscana dove passò sei anni tranquilli ma
operosi. Sono di questo periodo le pubblicazioni La
Svizzera storica ed artistica e la Storia
d’Italia. In Toscana nel 1847 fondò un giornale liberale "Alba" e si
mantenne in contatto con Mazzini, Guerrazzi, Giusti, Brofferio, Amari, Niccolini.
Egli, Paolo Emiliani Giudici ed altri siciliani esuli in Toscana, accordatisi
con i comitati carbonari e mazziniani di Sicilia, contribuirono all’insurrezione
del 12 gennaio 1848.
Nel febbraio
1848, fu
membro del
Comitato di
guerra a Messina
e
rappresentante della
città alla Camera del
Comune in
Palermo. In questa
qualità si ebbe,
poi, la
carica di
Commissario presso
le corti di
Torino,
Firenze, Roma,
e
quella di
Ministro,
che successivamente
esercitò
nel
dicastero della Pubblica Istruzione, dei
Lavori Pubblici e della
Guerra e
Marina. Quando poi
la bieca
fortuna voltava le spalle alla
rivoluzione Siciliana, egli
propugnò ancor
una volta
la guerra
ad oltranza:
e
poiché idee
opposte avevano prevalenza, riprese la via dell'esilio e rifugiatosi in
Francia visse del suo lavoro. In quel tempo pose mano alla Storia d'Italia, che
protrasse fino al 1850, in seguito scrisse la Storia documentata della
rivoluzione siciliana del 1848/49 e dopo un esilio in Francia, durato
dal 1849 al 1854, rientrò in Italia e fissò la sua dimora a Torino.
Qui nel 1854, qui con la voce, con gli scritti e con l'esempio fu soldato
instancabile della patria indipendenza. Con il
Pallavicini e con il Manin
istituì la Società Nazionale. Poiché
Cavour ne conosceva la tempra fortissima
dell'animo e dell'ingegno, nel 1859, lo chiamò nei consigli e nei lavori di quel
gabinetto. Scoppiata quell' anno
stesso
la guerra
contro l'Austria,
andava,
per incarico del governo,
Commissario
straordinario
con pieni poteri
sul
Lago Maggiore.
Nel 1857 scriverà due opere di grande pregio La Storia Romana
raccontata ai giovanetti e Storia D'Italia raccontata ai giovanetti. Nel 1860 il
Conte di Cavour lo
nominava Consigliere
di Stato,
e nelle elezioni
politiche di
quell'anno, ben
sei
colleghi dell'Emilia e della
Lombardia lo eleggevano simultaneamente a
loro rappresentante al
Parlamento Subalpino, dove
poco più
tardi doveva sedere qual
rappresentante di Messina. Fece parte in quell'anno anche della spedizione
dei mille, e tornando in Sicilia volle rivedere i suoi parenti più cari e la sua
amata Messina "oh quanto l'amava" quasi presaggisse che da lì a poco la vita lo
avrebbe richiamato al regno dei cieli, Fu
Vice
Presidente della
Camera dei Deputati,
e in tal
qualità morì, quasi povero
e
in età
ancor giovane, il
5 settembre
1863, in quella
Torino che
egli amava come
una
seconda
patria, e
che in suo
onore decretò che
fosse seppellito accanto alle sacre
reliquie di
Gioberti
e
di Pepe.
Anche Firenze
onorò il
grande nostro
concittadino, consentendo che
avesse
posto in
Santa Croce
il
monumento che
alla
sua memoria consacro alla pietà
dell'inconsolabile vedova di lui. Da
Torino le
ceneri di
Giuseppe La Farina vennero
poi
trasportate in Messina
con grande
solennità nel marzo
1872, e composte nell
'urna monumentale
erettagli nel
Gran Camposanto
dalla città. In
quell'occasione Messina
fece coniare una
medaglia d'oro
che
offrì in
segno di gratitudine
alla nobile Torino. A
questo grand'uomo fu
eretta
in Torino una
statua,
per pubblica sottoscrizione; essa fu collocata fra
quelle del
duca di Genova e
del generale
Gerbaix. A lui la Marina Italiana gli dedicò il nome di un
Cacciatorpediniere.
Scriverà:
Ma ciò che rende
notevole fra le più illustri d'Italia la nostra città, è la sua Storia, e tutto
il suo passato glorioso, il suo patriottismo e le opere egregie e le gesta dei
suoi cittadini d'ogni tempo, siano essi nobili o popolani, scienziati,
guerrieri, artisti o scrittori. Conoscere questa Storia e quello che operarono
questi uomini, non è soltanto un dovere, ma un bisogno, specialmente per voi, o
fanciulli affinché possiate stimare quanto conviensi il vostro luogo natio, e
aver l'orgoglio di dire con piena convinzione che la vostra città nulla ha da
invidiare alle altre in tutti Italia, per bontà di leggi, per virtù dei
cittadini, per sacrifici volontariamente fatti sull'altare della Patria e della
Libertà.
Giuseppe La Farina in
Messina e i suoi
monumenti
Luisa Di Francia
Patriota, filantropa.
Moglie del patriota Giuseppe Lafarina,
perseguitato dal governo borbonico, Lucia seguì lo sposo nella via dell'esilio.
Rimasta vedova, si dedicò ad onorare la memoria del marito, fino al punto da
legare al municipio di Messina parte del suo modesto censo, perché nel nome di
lui si realizzassero opere di beneficenza. Morì nel 1878. Arto Vannucci scrisse
di lei : "... virtuosa donna la quale visse tanti anni nel lutto, sempre
intesa a studiare e cercare amorosamente e pietosamente tutti i modi di rendere
quanto più onore potesse al venerato consorte, e finì con un atto di generosa
beneficenza. Quel dolore inconsolabile e quell'inestinguibile affetto, nel
linguaggio di tutti gli uomini di cuore e di tutte le persone dabbene si
chiamano virtù degne di culto.
F. Orestano,
Eroine ispiratrici e donne d’eccezione, Milano 1940
Angela Russo
Tommaso
Aloysio Juvara
Nasce
a Messina il 13 Gennaio 1809 da umile e semplice famiglia, il padre era
Parrucchiere e la Madre era sorella di quel famosissimo Architetto
Internazionale quali il grande genio Filippo Juvara. Imparò l'arte del disegno
dal maestro Lio Subba e da Antonio Minasi, la madre vedendo il figlio eccellere
in tale disciplina decide di mandarlo a Roma dal fratello per continuare gli
studi. Lo Zio Filippo era felicissimo di accogliere il promettente nipote e nel
1827 ottenne un premio di pittura all’Accademia di S.Luca. Un altro messinese
Gregorio Cardinale nella città laziale
gli fece conobbere il celebre pittore Vincenzo Camuccini. Il Municipio di
Messina constatando il valente ingegno di Tommaso gli diede un cospicuo assegno
annuo. Fù il cancelliere comunale Carmelo La Farina a credere in questo
prodigioso ragazzo che per riconoscenza realizzò
una tavola rappresentante l'Ambasceria della Madonna della Lettera che donò al
Comune della sua amata città. . Successivamente si recò a Parma
sotto la guida dell'incisore Toschi, famoso in tutta Europa, crebbe in bravura e
rinomanza tanto che il senato messinese volle affidargli la direzione della
Scuola d'Incisione che in quell'epoca esisteva nella nostra città. Aloysio
amante della sua professione decise di perfezionarsi ulteriormente e partì nella
terra dei più grandi incisori del mondo, la Gran Bretagna e proprio a Londra,
Masino come lo chiamavano gli amici, fu accolto nello studio di Giordio Doo e fu
talmente volenteroso e preparato che eccelse anche nella difficile incisione
dell'acciaio. Ricordiamo che questo metallo poteva essere lavorato solo da i più
grandi, a causa di una tecnica difficilissima da mettere in atto.. Nel 1847
torna a Messina e viene nominato Professore all'Istituto di Belle Arti a Napoli,
Tommaso riesce lo stesso a conciliare l'impegno civile con il Municipio
messinese e quello non meno difficile con la cattedra napoletana dimostrando una
tenacia e una passione non comuni.
E. Fu sempre Tommaso Aloysio
Juvara, nipote del grande architetto, a disegnare e incidere in quegli anni i
francobolli con il volto di Ferdinando II. Erano francobolli bellissimi, ma
ebbero vita breve. Decaddero infatti con lo sbarco di Garibaldi e delle camicie
rosse a Marsala.
Realizzò anche un ritratto eseguito
dal vivo di Papa Pio IX e dell'arivescovo di Messina. Altri meriti
arrivarono per lo Juvara negli anni successivi, infatti insieme con il Mercuri
fu nominato direttore della Regia Calcografia di Roma. Nella capitale terminò
per 46.000 lire annue la tavola della Madonna della Reggia di Raffaello.
Vittorio Emanuele sensibile ai grandi geni dell'epoca gli conferì la commenda
dei SS.Maurizio e Lazzaro e fece coniare una medaglia d'oro con il motto: A
Tommaso Aloysio Juvara Vittorio Emanuele II - 1873. Tosto anche il nostro
palazzo comunale decise di spillare nel suo petto dinnanzi al cuore una medaglia
d'oro e nello stesso tempo un altro mirabile merito arrivò, venne infatti
nominato SOCIO DELLE MAGGIORI ACCADEMIE D'EUROPA e distinto con parecchie
onorificenze dai governi stranieri. Altra medaglia d'oro arrivo a Berlino dove
ottenne il primo premo all'esposizione universale. Ma quando si diventa grandi e
stimati da tutto il mondo, arrivano anche le male lingue degli invidiosi e le
molteplici calunnie sulla persona, così il 30 maggio del 1875 colto da
disperazione davanti ad un crocifisso e alle sue due più belle opere la Madonna
della Reggia e il S.Carlo Borromeo si uccise, prima si aprì le vene dei piedi e
quelle delle mani, con quel sangue zampillante lo raccolse in una tazza e
intingendovi
un
pennellino dipinse le piaghe sul Crocifisso di nostro signore e scrisse queste
parole <<SIGNORE IO HO VOLUTO TINGERE LE TUE PIAGHE, O GESU' CON IL MIO SANGUE,
PERCHE' CON TE MUOIO INNOCENTE E CALUNNIATO, MA PERDONANDO>>, dopo circa 6 ore
ormai agonizzante afferrò la rivoltella e si sparò un colpo solo in bocca,
chiudendo per sempre la sua esistenza terra. Più tragica e penosa morte non
poteva fare. Lasciò alcune sue opere e altri oggetti d'arte all'accademia di
S.Luca in Roma, ma quasi tutta la sua realizzazione, le medaglie e le
onorificenze a Messina. Infatti proprio nella sua diletta città lasciava tutte
le sue più preziose opere all'allora Museo di S.Gregorio poi trasferite
all'attuale Museo Regionale di Messina e la sua eredità quantificabile, in una
rendita annua di 2.000 lire da destinarsi previo assegno per 5 anni ai giovani
artisti messinesi meritevoli d'aiuti.
Alcuni scritti di Tommaso Aloysio Juvara:
Stimata Dna
Mercuri,
Se poate imagina cu cata sarbatoare a fost primita scrisoarea dvs. si tubul care
cintinea superbele stampe ale sotului dvs., nu mai putin decat binevenitele
portrtete, pe care deja le-am pus in albumul care contine imaginile celor mai
dragi prieteni ai nostri si rude. Stampa ‚Giovanna Gray'-pentru care eu am
comandat deja o frumoasa rama - va ocupa primul loc printre acele lucrari donate
mie de catre cei mai mari gravori ai Europei, pentru ca o consider ca fiind o
opera pretioasa si incomparabila cu nici o alta gravura. Eu doream sa am aceasta
capodopera a sotului dvs. si prin intermediul lui Tipaldi mi-a sosit o copie,
indata ce a fost anuntata publicarea de catre Goupil; insa vazand ca nu
corespundea absolut de loc cu copiile vazute de mine in atelierul lui din Roma,
in 1856, imi displacu acest lucru si n-am intarziat sa-l rog pe Dl. Schiassi
sa-mi faca rost de o copie mai veche, daca era posibil la Roma, indiferent de
pret: atat de mare era dorinta mea de a o avea! Si el mi-a raspuns ca acest
lucru este imposibil, pentru ca Profesorul insusi nu o avea. Totusi, am avut
surpriza de a o primi. Eu ii multumesc din suflet, dupa cat stiu si pot, pentru
acest pretios dar. I-am dat lui Salazaro portretul reprezentandu-l pe ‚Maintenon'
si acela reprezentandu-l pe ‚Luigi' si i-am placut foarte mult, fiind deosebit
de incantat. Mi-a spus sa va scriu imediat pentru a va multumi. Nu l-am gasit
prima data pe Carelli. Il voi cauta chiar si azi pentru a-i da ‚Tasso'.
Imi pare rau sa aud ca atat Profesorul, cat si dvs. si scumpa dvs fiica nu
sunteti intr-o buna stare de sanantate, din cauza excesivei canicule. Si aici a
fost canicula, sufocanta si suparatoare…. Dumneavostra doamna Anna Maria, care
ati fost atat de elocventa in a apara cauza Reginei, veti fi, sper, foarte
elocvent intrepret pe langa stimabilul dvs. sot, pentru a-i transmite
sentimentele mele de recunostinta pentru cadou si de inalta stima pe care o
nutresc pentru dumnealui, ca excelent om si deosebit artist…. Si credeti-ma ca
sunt al dumneavoastra
Indatorat
si sincer prieten,
Tom. Aloysio-Juvara
Napoli 21 august 1863
Excelent artist,
prieten drag,
Nu
va puteti imagina cata durere mi-a cauzat pericolul (din fericire azi depasit)
intarzierii dvs. la Albano, atunci cand infiera si facea atatea victime colera ;
si apoi cum am tremurat pentru parintii nostrii in pericol, pentru faptele
dureroase ale razboiului si, de asemenea, pentru cei mai dragi prieteni ai
nostri care locuiau la Roma. Din fericire sunt fapte si lupte trecute ! Sper ca
Dumnezeu sa va aiba in grija in viitor.
Reintoarcerea mea la Roma a fost amanata din cauza colerei, in care pericol nu a
vrut sa ma lase sotia mea ; deci, fapte lamentabile care nu-mi permit inca sa ma
gandesc la artele frumoase, si cu atat mai putin la Raffael-ul meu ('Madonna
della Regia di Napoli', gravata de Aloysio), pentru care unii editori mi-au
cerut pretul, insa nimic concret nu mi s-a propus din aprtea lor referitor la
prêt. Cu privire la ceea ce s-a spus despre Expozitia Universala, Charivari la
Paris a facut o critica sangeroasa impotriva lui Henriquel Dupont, pentru ca a
dat prima, cea mia importanta medalie ucenicului sau Francois pentru o gravura
nici macar terminata ! iar Dl Belli, care e decanul Academiei din Ronen, a scris
un savant articol in jurnalele franceze, criticand acel 'juriu international'
compus din cinci francezi si un german, pentru care reproducerea unor teme
arhitecturale, facsimilele de vase, de trepiede este mai valoroasa decat o
reproducere dupa Raffael , reproducere elevata, plina de finete realizata de
gravorul Aloysio. Aceasta admirabila executie (spune el) putea rivaliza cu ceea
ce a fost realizat cel mai bine in acest domeniu.
Atunci cand, ca generos artist, ati refuzat, la Roma, sa confrunt ceea ce am
realizat eu cu stampele franceze premiate, eu ma vrut sa va arat ca nu degeaba
francezii insasi mi-au facut dreptate ; era doar pentru satisfactia dvs. pentru
ca stiu bine ca va bucurati ca un italian onest si pe deasupra artist. Am aflat
ca prietenul nostru comun - Schiassi a cumparat pe cont propriu 'Gindizio
Universale' - deoasebit de frumos desenata de cavalerul Minardi. Nu putea avea o
mai minunata inspiratie, fiind o opera care intereseaza atat de mult, mai ales
la Roma. Schiassi m-a facut intotdeauna sa astept cu nerabdare scrisorile lui ;
va rog, stimate profesor, sa-l salutati cu respect din partea mea.
Eu, in aceasta ultima perioada de timp, am suferit foarte mult, atat moral, cat
si fizic. Am petrecut toate sarbatorile de sfarsit si inceput de an in pat. Am
scris o disertatie pentru Academie - 'Despre istoria si despre starea actuala a
artei gravurii', pentru ca stiti, cred, ca acesti foarte demni profesori, facand
un proiect al noului Statut pentru acest Institut Regal de Arte Frumoase, care a
degradat Gravura, punand-o printre scolile secundare: dupa Perspectiva si dupa
Anatomie. Si au introdus o scoala de Fotografie !
Dvs. nu va imaginati cat au indraznit Maldarelli, Angelini, Alvino, Smargiassi
si Mancinelli, pentru ca spun ca civilizatia moderna nu o accepta ca arta !!!
primara ! Sper ca ministrul nu va accepta acest lucru ; daca nu, sunt hotarat sa
cer socoteala.
Va rog sa-i transmiteti respectele mele si salutarile mele distinse excelentului
meu maestru, profesorul Minardi, caruia poate ii voi scrie, cu aceasta ocazie,
prin intremediul unui alt prieten, caruia trebuie sa-i trmit scrisoarea de
acceptare a comenzii sale.
Valoros prieten, va recomand al meu Raffael. Cereti-mi orice, voi fi intotdeauna
fericit sa va pot servi ; cu aceasta, am fost, sunt si voi fi al dvs.,
Devotat si din suflet, bun prieten
Tom. Aloysio-Juvara
Pietro Cuppari
Nasce nella nostra bella Messina,
precisamente in provincia nel piccolo, ma ricco centro di Itala alle porte della
città. Precisamente sito sulla riviera ionica del capoluogo peloritano. Fu
illustre agronomo e scienziato e a soli 16 anni si presentò in abito chierico,
nello studio del giovane Prof. Antonio Catara Lettieri e qui vi apprese la
Filosofia arte che il piccolo Pietro adorava, mentre sotto la guida dei
professori Fiore, Ruggeri e Savoja apprendeva le matematiche. Si laureò in
medicina nel 1838 presso il nostro ateneo e una volta conseguita la laurea
viaggiò verso Pisa dove frequento le lezioni di agricoltura che il marchese
Ridolfi dettava in quell'Istituto Agrario, unico nel suo genere in tutta Italia.
Dalla verde Toscana si trasferì prima in Francia dove alloggiò per 2 anni, poi
in Belgio, Londra e Berlino studiano sempre e raccogliendo una messe larghissima
di conoscenze e di acute osservazioni, che furono come la base delle eccellenti
opere che doveva produrre più tardi. Nel 1845 il marchese Ridolfi abbandonò la
sua cattedra e al governo della toscana fra tutti quelli che erano stati i suoi
allievi pensate indico proprio il Cuppari, ricordandosi di quanto quel
giovinetto era stato precoce ed intuitivo nello studio delle scienze agronome.
Disse infatti che Pietro era l'unico in grado di poter continuare con onore le
splendide tradizioni sue. Resoconti di quest’attività sono riportati nel
“Bullettino Agrario”, da lui redatto dal 1848 al 1853. Successivamente
nonostante l’abolizione della Cattedra di Agraria dell’Università di
Pisa decretata nel 1849, Cuppari
continuò a impegnarsi nell’istituzione di una “Scuola pratica di agricoltura”
presso Meleto, dove tenne anche un corso di “economia rurale” a un gruppo di
possidenti terrieri. Divenne in seguito anche assiduo collaboratore del
“Giornale agrario toscano” e socio dell’Accademia
dei Georgofili, iniziando a frequentare l’ambiente dei
liberali moderati, senza però mai impegnarsi direttamente nell’attività
politica. Ormai era da anni notabile direttore di grande fama e importanza
di quella importantissima scuola che era stata in passato presieduta dal Ridolfi
e qui con grande serenità ebbe la possibilità di dedicarsi agli studi suoi
quelli più cari al suo cuore, di quegli anni infatti le 2 pubblicazioni
Le Lezioni di Pastorizia, le
Lezioni di Agricoltura ed il
Manuale
dell’agricoltore, ovvero guida per conoscere, ordinare e dirigere le aziende
rurali
che finirono
nelle più importanti riviste scientifiche dell'epoca, tanto da essere state
definite il migliore monumento della sua profonda dottrina e fama. Nel
1870 attendeva con ardore ad una tradizione delle Georgiche di Virgilio, che
intendeva commentare scientificamente, quando un rapido malore il 7 febbraio
lo condusse al sepolcro mentre si trovava a Pisa. Ricordiamo che tale era la
fama internazionale del Cuppari che venne definito il fondatore della moderna
Agronomia cioè di quella disciplina che studia la coltivazione dei terreni. Nel
monastero di S.Placido Calonerò a questo grande figlio di messinese è stato
infatti intitolato il famosissimo e prestigioso Istituto Agronomo di Messina.
Giuseppe
Natoli
Fu ministro dell'Agricoltura, degli
affari interni e della Pubblica istruzione dal 1 settembre al 14 dicembre del
1865, ma anche Senatore del Regno. Nacque a Messina il 9 giugno del 1815, inizio
a fare politica nella sua città natale che come tutti i più grandi uomini
illustri di questa città amava più di sè stesso da grande patriota quali egli
era. Nel 1848 fu anche professore di Diritto nel nostro prestigioso Ateneo nel
periodo della rivoluzione siciliana. Oltre a queste cariche illustri ricopri
anche quella di deputato al Parlamento siciliano, successivamente divenne
prefetto insigne della nostra città e rappresentante alla camera dei deputati.
Nel 1867 a causa della terribile peste che colpì Messina, Giuseppe partì
immediatamente senza esitare da Firenze dove lo attendevano i lavori del senato,
nuovamente alla volta di Messina per aiutare il sindaco peloritano e per
rincuorare la sua città distrutta dalla malattia infernale. Morì il 22
settembre colpito proprio dalla peste, per la sua troppa generosità nell'aiutare
gli afflitti. Così terminava la vita di questo illustrissimo uomo di stato
messinese, uomo in grado di dare la vita per la sua gente. A Messina in suo
onore fu eretto nel 1869 da Lio Gangeri eretto un monumento al gran camposanto,
la sua salma giace insieme a quella del Natoli nel colonnato degli uomini
illustri.
Saro
Cucinotta
Figlio di un modesto calzolaio, fu
uno di quegli uomini che debbono tutto alla tenace volontà e alla fermezza dei
propositi. Nacque a Messina nel 1835, non amando il lavoro paterno decise di frequentare lo
studio di Antonio Minasi grande disegnatore ma non
contento
decise di imparare anche a leggere e scrivere presso il prof. Giovanni Benincasa. Nel 1848 non aveva
neanche 13 anni ed insieme al fratello Giovanni lottò contro
i Borbonici e cadde ferito alla coscia destra. Due anni dopo si trasferì a
Napoli dove già viveva Tommaso Aloysio Juvara e qui manifesto tutto il suo
autentico valore. La sera lasciato il bulino passava tutto il tempo a leggere
libri di un certo livello, che gli permisero di crearsi e formarsi un'ottima
cultura letteraria, storiografica e geografica.
Nel 1860 saputosi del nuovo
sbarco dei garibaldini a Marsala, si precipitò in Sicilia, sbarcando a Catania,
da qui si arruolò nel corpo del colonnello Herbert, e ripartì verso il
napoletano dove all'altezza di Capua subì un'altra ferita. Tra le cose che lo
resero famoso in tutto il mondo la rivista "L'arte
moderna" (1865) fondata e diretta da Vittorio Imbriani e appunto Saro Cucinotta
che è tra i primi fogli in Italia dedicati interamente a fatti d'arte in
relazione al dibattito postunitario sul rinnovamento delle Accademie di belle Arti.
Nel 1867 si trasferì a Parigi e viste le
molteplici commissioni fattegli decise di impiantare nella capitale francese la
sua dimora. Incappa purtroppo nella guerra Franco-Prussiana del 1870, infatti
una mattina le truppe del Generale Cherberg passò sotto le finestre
dell'edificio in cui lavorava, un colpo parti non si seppe da dove e colpì
gravemente un ufficiale, per questo motivo lo stabile venne circondato e tutte
le persone che erano all'interno condannate a
morte.
Il Cucinotta così volle la sorte morì fucilato. Le sue opere sono conservate nei
più famosi musei del mondo come per esempio così per citarne uno Fine Arts
Museums of San Francisco.
(clicca qui sopra)
-
Tra i lavori più importanti:
La Tradita, il Ritorno del Calavario, Il Pittore Morto, La Giovinezza del
Petrarca, lo Sposalizio di S.Caterina e il Dopo il Diluvio
Giuseppe
Sergi
Fondatore della
Piscologia Moderna
Giuseppe
Sergi nacque a Messina nel 1841 e morì a Roma nel 1836. Ed è divenuto
famosissimo in tutto il mondo per aver fondato la Psicologia come materia
scientifica, infatti pubblica a Messina nel 1872 i
Principi di psicologia sulla base delle scienze sperimentali ad uso delle scuole.
E' il primo libro di testo di Psicologia a partire dalle appena avviate ricerche
sperimentali. Dunque egli scrive questa illustre opera, un anno prima del Wundt
presunto fondatore di tale dottrina. Oltre a questo prestigiosissimo primato
egli fu il maestro unico della Montessori che il suo grandioso metodo viene
insegnato tutt'oggi per educare milioni di bambini. Pensate che Anche i
fondatori di Google uscirono da una scuola Montessori. Ma raccontiamo la sua
grandiosa storia. Insegnò dapprima Filosofia nei licei di Messina,
successivamente dalla filosofia e filologia indoeuropea passò poi a occuparsi di
psicologia e pedagogia, aderendo all'indirizzo positivista sulla linea di
Spencer -In quest'ambito si collocano i suoi scritti seguenti Teoria
fisiologica della percezione (1881) e L'origine dei fenomeni psichici e
loro significato biologico (1888)-, fin quando nel 1880 invece fu
chiamato ad insegnare Antropologia presso l'ateneo Bolognese. Negli anni
seguenti, grazie all'attività del suo Laboratorio di antropologia e psicologia
sperimentale presso l'Ateneo romano dove si era trasferito, sviluppò oltretutto
un programma di ricerche scientifiche nell'ambito della psicologia e
dell'antropologia uniche e prime al mondo. Nel 1893 infatti fonda la Società
romana di antropologia e la fondazione a Roma del primo laboratorio di
psicologia sperimentale e di un museo Antropologico:
http://dipbau.bio.uniroma1.it/web/Musei/MuseoAN/index.htm
Noto anche all'estero per i suoi
contributi nelle scienze dell'uomo, riuscirà a portare il III Congresso
internazionale di psicologia a Roma, nel 1905, sotto la sua presidenza.
Inaugurò il primo "Comitato
italiano di Eugenetica" e propose contro Mendel e Galton un'eugenetica
ecologica, dove l'ambiente migliorato - assieme all'educazione - fosse in grado
di plasmare i caratteri ereditari dell'uomo fino a ripulirlo di ogni scoria di
atavica brutalità:
http://www.liberliber.it/biblioteca/s/sergi/index.htm
Per capire maggiormente chi era
questo messinese luminare nel campo della Psicologia e snobbato dai messinesi
http://web.tiscalinet.it/mediazionepedagogica/anno_01/numero_02/Cives/
Opere
-
Principi di psicologia
del 1872.
-
Teoria fisiologica della percezione
del 1881.
-
L'uomo, secondo le origini, l'antichità, le
variazioni e la distribuzione geografica
del 1911.
Bibliografia parziale
-
Teoria fisiologica della percezione, Milano 1881.
-
La teoria generale dei patti e dei contratti in diritto
romano, confrontata col codice civile d'Italia. Natura dei
patti e dei contratti, Messina 1884.
-
Dolore e piacere. Storia naturale dei sentimenti,
Milano 1894.
-
Africa. Antropologia della stirpe camitica (specie
eurafricana), Torino, 1897.
-
Leopardi al lume della scienza, Milano-Palermo,
1899.
-
La decadenza delle nazioni latine, Torino 1900.
-
Problemi di scienza contemporanea, Milano, 1904.
-
Fatti e pensieri di coltura e politica sociale,
Milano, 1906.
-
Le origini umane. Ricerche paleontologiche, Torino
1913.
-
L'evoluzione organica e le origini umane. Induzioni
paleontologiche, Torino, 1914.
-
I mammiferi. Origine ed evoluzione. Nuova
interpretazione, Torino 1923.
-
Le prime e più antiche civiltà. I creatori, Torino,
1926.
-
Il posto dell'uomo nella natura, Torino 1929.
-
Psiche. Genesi - evoluzione. Osservazione e commenti
dall'infanzia alla maturità, Torino 1930.
-
La più antica umanità vivente ovvero la mirabile
ricostruzione di un arcaico tronco umano i cui rami si
estesero dall'Africa in Europa, Oceania, America,
Torino, 1930.
-
Da Alba Longa a Roma. Inizio dell'incivilimento in
Italia: ovvero Liguri e Siculi: primi che in Italia e nelle
isole posero in sedi stabili le comunità e determinarono le
forme fisiche del territorio. Ricerche storiche e
archeologiche, Torino, 1934.
Fonti:
-
Giuseppe Prezzolini, Uomini 22 e città 3, Firenze,
S.D. (1920).
-
In memoria di Giuseppe Sergi, "Rivista di
Antropologia" Roma 1937. Anonimo, ma probabilmente di
Niceforo che era condirettore della rivista fino alla morte
di Sergi.
-
Romano Catania, D'un nuovo libro scientifico sopra G.
Leopardi, Palermo 1899.
-
Guido Landra, Giulio Cogni, Piccola bibliografia
razziale: le classificazioni delle razze umane, gli studi
razziali nella bibliografia antropologica italiana,
Roma, 1939.
-
Guido Landra, Antropologia e psicologia.
-
Giuseppe Mucciarelli (a cura di), Giuseppe Sergi nella
storia della psicologia e dell'antropologia in Italia,
Bologna, 1987.
-
Cristiano Camporesi, Genesi mediterranea: metodologia
induttiva e mistica dell'antichità nell'opera di Giuseppe
Sergi, Bologna 1991.
Giuseppe
Seguenza
Naturalista e
Insigne Geologo.
Mineralogista,
Paleontologo,
Geologo, Botanico.
Nasce
a Messina l'8 giugno del 1833 dove si afferma come uno tra i più grandi e
illustri
naturalisti del suo tempo. Compiuti gli studi di Farmacista si diede
però con maggiore fervore allo studio delle scienze geologiche e mineralogiche,
discipline per le quali il Seguenza si sentiva maggiormente portato. Decise di
non seguire le orme del padre per percorrere con genio e fermezza i propri
passi. La Passione del Cuore e del coraggio delle proprie idee fu più forte
della fredda ragione. La Farmacia del padre è ancora oggi visibile nello Piazza
che prende da lui il nome, la conosciuta Farmacia Seguenza. Egli dicevamo,
diventò talmente bravo che superò di gran lunga nell'analisi di queste materie i
propri maestri. A soli 23 anni
Giuseppe scoprì che tutti i prodotti che emanava
l'Isola di Vulcano contenevano composti arsenicali. Tutti questi studi gli
meritarono le attenzioni dei dotti di tutta Europa e la medaglia d'argento
alla
esposizione di Parigi. Questi successi ottenuti già in età giovanissima gli
valsero la cattedra di Professore di Storia Naturale al Liceo Maurolico di
Messina dal 1861 al 1863 e dal 1867 al 1870, poi in quella dell'Istituto Tecnico
ed infine divenne libero docente nel nostro ateneo, fu il
primo ad occupare,
infatti, nel 1876, la cattedra universitaria di Mineralogia e Geologia.
Successivamente arrivò anche il premio
Wollaston che gli venne conferito dalla
società
geologica di Londra. Inoltre egli analizzò i giacimenti metalliferi di Fiumedinisi, i terreni ove c'era la
presenza di particolari fossili che gli
valsero un premio dal Ministero all'Agricoltura, ma questi meriti non gli
bastarono così ebbe altri meritevoli successi, infatti la Regia Accademia dei Lincei gli pubblicò le sue opere a
proprie spese. Fu anche uomo impegnato nella
politica ricoprì difatti la carica di consigliere comunale dal 1862, Vice
Presidente del Consiglio Provinciale di Sanità, quella di Presidente
dell'Accademia Peloritana ed anche quella di fondatore del Gabinetto Geologico
Provinciale. Mori a 56 anni il 3 Febbraio 1889 e venne sepolto al gran
camposanto nell'Ipogeo del Gran Famedio degli illustri messinesi, compianto da
tutta la città di Messina e dai dotti di ogni nazione.
Tommaso Cannizzaro
Poeta, Critico
letterario,
scrittore e insigne
traduttore
Tommaso
Cannizzaro nasce a Messina il 17 agosto 1838,
poeta,
critico letterario e
traduttore
italiano.La sua famiglia era di
origine spagnola, arrivata in Sicilia al seguito di Pietro
D'Aragona.
Da giovane fu un acceso
garibaldino,
patriota,
studioso
delle tradizioni popolari, delle quali il poeta messinese fu
insigne cultore e sostenitore del
Romanticismo. Scrisse in
italiano,
francese e
siciliano. Da autodidatta, con
entusiasmo apprese persino il russo, il persiano, lo svedese, il
danese e l'ungherese, lingue ritenute all'epoca eccentriche,
inconsuete o addirittura trasgressive, una sorta di offesa alla
classicità latina e greca, e si perfezionò nel francese, nello
spagnolo, nel portoghese, nel tedesco e nell'inglese,
acquisendone una conoscenza e una padronanza tali che lo
favoriranno nei rapporti epistolari con autorevoli letterati
europei (da Víctor Hugo ad
Antero de Quental, da
Menéndez Pidal a
Carolina Michaèlis, da
Leite De Vasconcellos a
Frédéric Mistral
fino
Giuseppe
Pitrè), ma
soprattutto gli faciliteranno la trasposizione degli originali
in una scansione versificata sciolta e gradevole. Fu il primo
invero a tradurre dallo
spagnolo il
Cantar de mio Cid e dal
francese Les Orientales di
Victor Hugo, di quest'ultima
grande penna mondiale, menzionata sopra, diverrà anche grande
amico e confidente.Hugo invitò difatti il giovane poeta e
scrittore messinese diverse volte sia pranzo che a cena nella
sua dimora di Guernessay e con Cannizzaro prese per di più la
buona abitudine di accompagnarsi in lunghe passeggiate dove
spesse volte capitava anche che egli appoggiasse la sua fervida
mano sulla spalla in segno di stima, fiducia e amicizia. Come
ricorda lo stesso Cannizzaro: "Insieme uscimmo, ed io,
mettendomi al suo sinistro fianco, gli offersi il mio braccio.
Egli lo prese con vivace disinvoltura dicendo queste parole che
non ho mai dimenticate: Je m'appuis sur votre jeunesse". Non
meno affettuosa l'accoglienza di tutta la famiglia dello
scrittore: la moglie, il figlio, la figlia Adele e la cognata
che viveva con loro. Tutti in quel salotto bene di una grandiosa
Parigi amavano la classe e lo stile di quel ragazzo venuto da
molto lontano, dalla bella Messina che molto in comune aveva
avuto in passato con la nazione francese.
Molto materiale di un fitto
scambio epistolare tra i due si trova ancora oggi nella
biblioteca che prende il nome dallo stesso letterato sita nella
zona di provinciale. Egli inoltre era una mente pensante unica e
fervida, convinto solo del fatto che nell'esistenza umana
la parola verbale volasse via, annotava egli infatti
minuziosamente, in maniera quasi pignola, tutto della sua vita e
dei suoi pensieri, adoperando spesso carta occasionale, anche
quella grezza per avvolgere il pane e la pasta.Il suo diario
"Pellegrinaggio a Hauteville House",
rimasto inedito, è una testimonianza delle sue meticolose
registrazioni.Inoltre tradusse in siciliano la
Divina Commedia di
Dante Alighieri, che pubblicò
nel
1904. Le sue raccolte di poesie
sono: Ore segrete (1862);
In solitudine (1876);
Cianfrusaglie (1884);
Tramonti (1892);
Gouttes d'âme (1892);
Quies (1896); Vox rerum (1900).
Muore a Messina nel
1921 all'età di 83 anni.A Messina è intitolata una delle
maggiori arterie cittadine, ricca e piena di negozi di ogni
genere. Sembra infatti questo corso il corretto alter ego della
sua eclettica anima. A questo famoso figlio della nostra città
come detto sopra è stata intitolata anche l'eccellente
Biblioteca Comunale sita in Via Catania.
Francesco Trombetta
Insigne Chirurgo.
Nasce a Messina il 13 Gennaio del
1843, e sin da giovane mostro una fervida attitudine per la medicina, si laureò
medico a 24 anni presso l'ateneo di Napoli. Successivamente non pago si spostò a
Londra, Parigi, Berlino e Vienna per perfezionare la sua professione. In queste
metropoli europee ebbe la fortuna di conoscere i più illustri chirurghi e
divenne egli stesso uno dei più valenti anche in campo internazionale. Ritornò a
Messina nel 1870 e fu anche assistente alla clinica chirurgica nella nostra
università fino a quando nel 1877 venne nominato professore ordinario. Fonda nel
nostro ateneo la Scuola di Medicina operatoria che nel breve volgere di pochi
anni diviene la più importante in tutta Italia. Al suo interno portò tutti quei
metodi di così speciale competenza dei moderni sistemi antisettici per i quali
sparì di fatto il pericolo del processo supporativo nelle ferite fate in seguito
alle operazioni. Introdusse pure a Messina che fece da pioniere il metodo dello
stiramento dei nervi ed inventò nuovi processori operatori. Morì giovane l'otto
luglio del 1899. Fu uno dei più grandi operatori d'Italia.
Annibale Maria Di Francia
Vedi link -santi messinesi-
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