Messinesi Illustri

 

Antonello Da Messina

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Santa Eustochia Esmeralda calafato

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Girolamo Alibrandi

 

Chiamato il Raffaello di Sicilia, uno dei più grani pittori messinesi, nacque nel 1470 e da giovinetto fu iniziato nella carriera forense. Dopo la morte del padre ereditò una cospicua fortuna, abbandonò gli studi legali per dedicarsi alla pittura, per la quale aveva sempre avuto una gran passione. La sua opera più importante è la "Presentazione al Tempio", che si conservava nella chiesa della Calderola, prima del terremoto del 1908, adesso invece al Museo Regionale di Messina. Questo lavoro è opera di gran pregio artistico; venuto in Messina il pittore Polidoro, ne cos' preso, che, dopo averlo ammirato, con religioso rispetto, volle dipingere a guazzo una tela rappresentante la deposizione dalla Croce, onde potersi cuoprire e meglio conservarsi un monumento così raro dell'arte. Giunto all'apice della Gloria, la morte lo raggiunse nel 1523 durante la terribile pestilenza che afflisse la nostra città in quel tragico anno.

 

 

 

 

Francesco Maurolico

 

Amava Messina, questa città era la sua vita, e per essa diede tutto sé stesso anche come ministro del governo cittadino, il Maurolico fu infatti anche membro di quell'aulico senato messinese illustre in tutto il mondo. Uno dei più grandi figli di Messina, appunto, conosciuto dalle terre d'Americhe a quelle d'Europa come uno dei più grandi scienziati mondiali. Dotato di grande intuito, genio e visione matematica. Nacque in Messina il 17 settembre del 1494 da Antonio e Pinuccia, di origine greca, studiò in quell'aetas aurea scuola rinomata per tutte le vie italiche e straniere, del Maestro Costantino Lascaris, solenne professore di Letteratura Greca e Latina e insegnante anche del famoso umanista Pietro Bembo. Dicevamo, studiò fin da piccolo con l'eruditissimo Francesco Faraone ed ebbe inoltre come Maestro il proprio Padre spirituale, Iacopo Notense.  Il Maurolico fu sommo latinista e matematico meraviglioso. Tenevansi perdute le opere di Archimede ed egli speculando sopra quegli argomenti seppe trovar il modo di rifarle e le pubblicò, tanto era l'ingegno ed il suo acume. Quando poi le opere di Archimede furono trovate in germania, i più grandi matematici europei si stupirono a notare come le due opere fossero per niente dissimili. Inoltre egli emendò con moltissima utilità della Scienza, i libri conici di Apollonio, ve ne aggiunse altri due, e in tre altri raccolse e commentò l'intera teoria dei coni. Scrisse anche un'opera sui Cilindri, e ristorò e corresse tutte le opere di Euclide, Menelao, Ausolico, Teodosio, Giornano, Ruggieri, Bacone, Persan e Boezio. Inventò anche alcuni strumenti e li descrisse spiegandone il modo di farli e adoperarli. Disegnò l'isola nostra, scrisse in volgare la vita di Gesù Cristo, compose un trattato sui pesci siciliani, ed altre opere sulle line orarie, sui momenti uguali e sui cinque corpi regolari. Così tanto lungi volarono la fama delle sue opere che da ogni parte d'Europa i più dotti personaggi lo consultavano o desideravano di conoscerlo personalmente. Ordinato sacerdote nel 1521 iniziò, nel 1528, con il patronato del Conte Giovanni Marullo di Condojanni, stratigò della città, l'insegnamento pubblico della prestigiosa cattedrà di Geometria. Una decina d'anni dopo vengono pubblicati a Messina, i "Grammaticorum, rudimentorum libelli sex". Nel 1537 determina le misure per le fortezze intorno a Messina e disegna con il Ferramolino, il baluardo Boccadoro, cosiddetto dalla finintima chiesa di S.Giovanni Crisostomo. Nel 1540, l'incontro e l'instaurarsi di una solida amicizia con il nuovo stratigò Giovanni Ventimiglia,  marchese di Geraci, segnò l'inizio di una serie di viaggi che gli permisero di conoscere e e frequentare ambienti fortemente stimolanti per i suoi studi ed i suoi scritti, insomma iniziò a frequentare tutti i salotti buoni e più importanti della Corte Vicereale, senza però, badate bene, farsi ammaliare ed adulare. Il Cardinale Farnese, nipote del Pontefice Paolo III, con ogni premura cercò di averlo a Roma per insegnare in quell'Ateneo, nella città papale e imperiale conobbe inoltre il Cardinale Cervini, il futuro Papà Marcello II, precettore dei fratelli Farnese e celebre collezionista di codici greci sennonché protettore di matematici. Ed è proprio grazie a quest'ultima figura di spicco che Francesco stringe amicizia con il matematico urbinate Federico Commandino. Ma Francesco umilissimo seppe resistere ad ogni seduzione tanto più che il Senato Messinese, di cui ne faceva parte, gli aveva conferito la cattedra di Matematica nel nostro non meno prestigioso Ateneo, con cospicuo stipendio. Fu cercato dai Padri Gesuiti e dallo stesso fondatore Ignatio di Loyola che lo volle fortemente per il suo Primo Istituto pubblico superiore(in tutta Europa, riflettete messinesi) datato 1548, Il Collegium Primum ac prototypum- Studiorum Urbis. Seppe dunque resistere alle sirene straniere per l'amore enorme e viscerale nei confronti della sua città. Erano troppo gravosi gli impegni con il governo di cui ne faceva parte e lui, doveva e voleva controllare ogni cosa per il bene della sua città, affinché Messina non subisse soprusi né dal governo spagnolo e né da quello Siciliano, geloso ormai del prestigio e della fama di Messina nel mondo. Lui si sentiva un messanensis verace e sapeva che la sua città aveva un immenso bisogno di lui. Abbandona infatti anche lo scambio epistolare con il Bembo pur di gettare anima e cuore alle cose di Messina, anche a rischio di restare in un più ristretto anonimato, ma si sà per lui veniva prima la collettività messinese e solo dopo la fama. Attorno al 1550, Giovanni Ventimiglia gli conferisce il titolo di Abate di S.Maria del Parto a Castelbuono, e prende l'abito benedettino. Due anni dopo vengono pubblicate alcune sue Rime,  nello stesso anno viene consacrato a Messina come Abate di S.Maria del Parto.  Nel 1556, escono a Venezia i "Gesta Apostolorum et Sanctorum" e una ristampa da lui curata sul libro "De Vita Christi eiusque matris" di Matteo Caldo. La sua fama cresceva sempre più e nell'anno '62 del secolo XVI venne invitato al Concilio di Trento, ma con molto rammarico non riuscì a raggiungere quei luoghi a causa del suo non perfetto stato di salute, ma era troppo forte la sua voglia di lasciare il segno e di dare un piccolo contributo ad un evento così importante per la Storia della Chiesa di Roma, che scrisse una lunga  lettera con esposizione delle sue personali convinzioni sui grandi problemi teologici e politici di quel tempo. Questa importantissima lettera spedita ai Padri del Concilio fu pubblicata a Messina in sei libri con il titolo "Sicanarium rerum compendium" Altro titolo importante gli venne dai Giurati Messinese che lo insignirono di un'altra carica, lo nominarono infatti LETTORE DI MATEMATICHE NELL'UNIVERSITA' DI MESSINA. Ma fu anche l'artefice di un'opera non meno importante per la cristianità dell'epoca, infatti in qualità di esperto, nei preparativi della Sacra Lega del 1571 che, al comando di Don Giovanni d'Austria, si accingeva a combattere a Lepanto, il Maurolico diede al nuovo imperatore figlio di Carlo V delle speciali carte nautiche per raggiungere Lepanto e non pochi consigli  in merito alla condotta da tenere nella navigazione in rapporto ai fattori metereologici. Il sacerdote-politico messinese sarebbe stato, pensate, ringraziato e salutato pubblicamente dal condottiero, al ritorno dell'impresa, quale uno degli artefici della vittoria contro i turchi. Nell'anno seguente il sacerdote-matematico-umanista scoprì per primo una stella nuova della Costellazione Cassiopea. Più di un centinaio sono dunque le opere mauroliciane conosciute, tra le più importanti ricordiamo ancora una volta la COSMOGRAPHIA, in forma dialogica(1543), il CORPUS, di scritti greci(Teodosio, Autolico, Menelao) sulla geometria della sfera, gli OPUSCULA MATHEMATICA e gli ARITHMETICORUM LIBRI DUO, impressi a Venezia(1575), i PROBLEMATA MECHANICA dello Pseudo Aristotele, ADMIRANDI ARCHIMEDIS SYRACUSANI MONUMENTA OMNI MATHEMATICA,  il MARTIROLOGIO, un testo elementare di GRAMMATICA(1528) ed il SICANARIUM RERUM COMPENDIUM(1562). Ricordiamo infine che fu il continuatore ed il restauratore della più grande macchina votiva mondiale, La Vara, insieme all'architetto Radese che diede il via Alla Festa in Onore di Carlo V. Inoltre si devono a questo grande uomo molte delle fortificazioni e dei baluardi che cingevano la nostra città.   Morì il 25 luglio del 1575 a 81 anni nel villaggio dell'Annunziata, adesso pieno centro città, dove si era ritirato nel maggio precedente quando si erano rilevati i primi sintomi di una pestilenza. Fu sepolto nella gloriosa Chiesa dei Martiri di S.Giovanni di Malta, accanto alla Villetta Mazzini. Tomba visitabile ancora oggi. Sulla sua tomba, nella chiesa di S. Giovanni di Malta in Messina si legge, in lingua latina:

...e da ogni parte e da luoghi lontanissimi qui venivano, spinti dal desiderio di conoscerlo ed ascoltarlo.

Messina generò anche te, o Maurolico, perchè la Sicilia non si gloriasse soltanto dell'antico saggio siracusano.(riferendosi a Pitagora)”

http://www.dm.unipi.it/pages/maurolic/

http://www.dm.unipi.it/pages/maurolic/instrume/biografi/vita/introfr.htm

 

 

Filippo Juvara

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Domenico Marolì

Artista e Patriota. Domenico Marolì nacque in Messina nel 1612 da un mercante Greco. Morto il padre si mise a studiare pittura nello studio di Antonio Barbalonga. Da Messina si recò a Venezia, di là a Bologna, lavorando sempre sulle opere dei Grandi Maestri. Tornato a Messina pose mano al grande quadro del martirio di S.Placido.  Questo pittore eseguì molti altri dipinti , che gli procurarono molta fama e gloria, fino al 1674. Scoppiata in quell'anno la rivoluzione antispagnola in Messina, sebbene sessantaduenne lasciò i pennelli e mise mano alle armi per difendere la nobile e sua Messina. In una frazione alla Scaletta la sua squadriglia andò in rotta, ed egli, rimasto ferito, riparò in una macchia dove fu trovato dai suoi in fin di vita. Condotto in città, moriva un mese dopo e venne sepolto nella Chiesa di S.Nicolò dei Greci dove oggi si trova il Museo, era il 1676. Al Duomo di Reggio Calabria vi è un'altra rappresentazione del Marolì il sacrifiio di Melchidesech del 1665, mentre nel museo di Messina si trova il dipinto che raffigura Lot e le sue figlie.

 

 

Agostino Scilla

 

Fu detto il pittore filosofo insigne conoscitore della letteratura e delle scienze naturali. Nacque a Messina nel 1629. Fu pittore di grande fama ai suoi tempi, facente parte di quella scuola di pittori illustri che fiorirono a Messina dal XII al XIX secolo. Anch'egli fu discepolo di Antonio Barbalonga e i suoi quadri si caratterizzavano per l'intensità dei colori. Così come il Marolì fu ardente patriota e insieme a lui difese la città di Messina quando nel 1674 scoppiò la rivoluzione in città. Si dice che a sue spese approvvigionò una parte delle fortificazioni. Caduta Messina si trasferì a Roma nella scuola di Andrea Sacchi, dove svolse la restante parte della sua vita di artista lì morì nel 1700 all'età di 71 anni. Il suo dipinto più famoso fu "San Ilarione nelle braccia della morte" che andò distrutto nel terremoto del 1908, una copia si trova al Museo Regionale. Egli oltre che pittore fu come detto naturalista e come tale nel 1690 scrisse un libro sui fossili marini intitolato "La vana speculazione disingannata dal senso". A questo grande di Messina è intitolata una gradinata che da Via Setajoli porta a Via Elenuccia.

 

Francesco Juvara

Nacque in Messina verso il 1680 e ben presto ebbe a mostrare una spiccata inclinazione alle arti del disegno e della plastica. Argentiere e Cesellatore già in gioventù fu capace di realizzare un mirabile presepio con figure di tutto rilievo, giudicato per una delle più belle opere del genere che siano mai state fatte. Questo presepio si conservava nella chiesa pre-terremoto di San Gioacchino. L'opera più prestigiosa è  un ostensorio realizzato per la Chiesa di S.Agenese a Roma collocata nel magnifico scenario di Piazza Navona. Questo pezzo pregiatissimo fu  parto della munificenza del Principe D. Cammillo Panfili, e vie stimato da' professori cento trenta mila scudi Romani. Anche questa opera viene considerata come uno dei capolavori dell'arte settecentesca. Nella nostra Cattedrale si conserva ancora un suo candelabro. Realizzò inoltre la cupola per il Duomo di Como opera di valore incommensurabile, Francesco Juvara Messinese inoltre era fratello di un altro illustre figlio di Messina Filippo Juvara, eccellente e celebre architetto noto in tutto il mondo.

 

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