Messina a Roma

 

            
              Autoritratto di Antonello da Messina a Roma

           

             

                                Autoritratto di Antonello da Messina datato 1450-1479 di cui pochi sanno.

                                Si trova a Roma in una collezione privata, la collezione Spiridon.

                               Ne abbiamo traccia grazie ai fratelli Alinari che lo hanno fotografato nel 1924



            Madonna della Lettera a Roma        

 Roma, sul Gianicolo, nella chiesa di San Pietro in Montorio, il 2 maggio 1717 venne incoronata una immagine della Madonna della Lettera alla presenza del sommo pontefice e di dodici cardinali e del Capitolo del Vaticano. Le corone per Maria Madre della Lettera e per il bambinello furono donato dal Principe di Santacroce. La sacra immagine è opera di Niccolò Circignani, detto il Pomarancio (1516-1596). Essa si trovava in un’edicola incastonata sul lato del muro fiancheggiante la strada che conduceva al Gianicolo. Il volto dolce della Vergine, la fresca grazia del Bambino che con il braccio destro sembra invitare i fedeli ad avvicinarsi, insieme all’armonia e alla bellezza della pittura, attirarono ben presto la pietà popolare, mentre si diffondeva la voce di grazie e miracoli ottenuti dai devoti. Nel 1713 una religiosa che giaceva moribonda nel vicino Monastero dei Sette Dolori venne unta con l’olio della lampada che ardeva dinanzi all’edicola, ricevendone un’istantanea guarigione. Il prodigio amplificò incredibilmente la fama dell’immagine, meta ormai di un pellegrinaggio costante da tutta Roma, mentre le grazie si moltiplicavano. Dunque questa preziosa tela fu fatta asportare e trasferire in San Pietro in montorio il 9 agosto 1714, a spese del papa Clemente XI ed a cura del Patriarchi. La Vergine gradì la nuova collocazione, difatti si moltiplicarono i miracoli e le grazie ricevute. Sembra che il pittore autore del quadro miracoloso, il Circignani avesse una particolare devozione per i compatroni di Messina, infatti sempre a Roma nella Chiesa di Santa Maria in Traspontina vi sono dei quadri raffiguranti i miracoli di S.Alberto che operò e intercesse  per i messinesi vivendo appunto tutta la sua vita da Carmelitano nella città dello stretto dove morì a Messina nel 1307. Ricordiamo che nel 1301 S.Alberto era ancora provinciale dei Carmelitani quando liberò per le sue preghiere d’intercessione la città di Messina dall’assedio di Roberto d’Angiò (†1343), duca di Calabria, (che fu coronato Re di Napoli e di Sicilia nel 1309) figlio e successore di Carlo II († 1309), facendo arrivare provvidenzialmente nel porto tre galere cariche di frumento per sfamare la popolazione ridotta allo stremo, riuscendo così a forzare il blocco navale. Guidò la spedizione Roger de Flor († 1305), catalano, già templare. Gli Angioini, dopo l’incoronazione di Federico III d’Aragona (febbraio 1296), cercavano di riconquistare le città siciliane. Roberto d’Angiò duca di Calabria, per tagliare ogni possibilità di aiuto alla Città dello Stretto, fece assediare Reggio Calabria. Messina languiva per inedia. Nicolò Palazzi, zio di Alberto e consigliere del re, conoscendo la fama di santità che accompagnava il nipote, suggerì al sovrano di andare da lui. Re Federico ascoltò il consiglio e, insieme alla sua corte, si diresse alla Chiesa del Carmine. Alberto stava officiando la Messa e, intuendo il motivo della regale visita, impetrò dal Signore la grazia di liberare Messina dalla fame. Si udì allora una voce dal Cielo: «Dio ha esaudito le tue preghiere». Mentre il Re, la corte ed il popolo lasciavano il Tempio, si videro tre navi entrare nel porto: erano cariche di grano! Il miracoloso intervento gli attirò la riconoscenza della popolazione e dello stesso re: infatti una fiumana di popolo, preceduta dai nobili messinesi e dallo stesso sovrano si riversò alla Chiesa del Carmine per elevare al cielo i meriti di Alberto. Si rinnovarono con questo prodigio le parole del Libro del Siracide che troviamo nella liturgia del Santo: «Premuroso di impedire la caduta del suo popolo, fortificò la città contro un assedio». (50, 4). Ancora oggi a Messina, si commemora questo prodigio nella solennità del Corpus Domini, facendo precedere il Santissimo Sacramento dall’argenteo “Vascelluzzo”, emblema delle navi che, rompendo arcanamente l’assedio, rifornirono la Città dello Stretto di grano.

Infine volevo sottolineare a tutti coloro i quali non credono alla veridicità della Lettera di Maria ai messinesi  che possiamo con certezza affermare che il documento più antico che attesta la veridicità della venerazione dei messinesi per la Regina della Lettera è di Flavio Lucio Destro scritto intorno al 430 d.C. Inoltre in Siria è stato trovato un codice bizantino antichissimo dove veniva menzionata per intero la Lettera di maria ai messinesi.

 

 

Filippo Juvara a Roma

Nel 1703 all'età di 25 anni, il nostro FILIPPO si reca a Roma, dove fu aiutato da Carlo Fontana (che ne farà di lui uno degli architetti più importanti dell'intero panorama settecentesco e della tradizione barocca) imparò con passione e dedizione (grazie soprattutto al suo intuito e alla sua genialità) le architetture antiche, ma anche quelle di Michelangelo, Bernini, Borromini, Pietro da Cortona e Andrea Pozzo. Nel 1705 ottenne un clamoroso successo al concorso di disegno architettonico dell'Accademia di San Luca, dove progettò le scene per le esequie dell’Imperatore Leopoldo I d'Austria, che segnarono l'inizio della sua attività indipendente, diventò grazie a questo meritatissimo successo membro dell'Accademia Clementina. All'Accademia di San Luca, appunto, iniziò a svolgere lezioni di geometria, topografia e composizione. Impiegato all'inizio come architetto teatrale dal cardinale Pietro Ottoboni (nipote di Alessandro VIII e uno dei più importanti mecenati dell'epoca), nel 1708 operò anche come scenografo al servizio della Regina Maria Casimira di Polonia in palazzo Zuccari. Nel 1709 invece viene nominato cappellano della corte cardinalizia e si trasferisce al palazzo della Cancelleria vaticana. Successivamente sempre all'Accademia di San Luca insegna Prospettiva. Ma nonostante queste prime piccole grandi imprese, capitoline Juvara faticò non poco a trovarsi grandi commissioni a Roma; ai primi anni laziali è databile, infatti, il solo rimodernamento del Teatro Capranica ove il palcoscenico grazie al genio messinese acquista una maggiore vastità ed una più ampia profondità che regalano al concetto concreto di spazio-tempo un'armonia più simile a quella divina che umana ; la realizzazione del Teatro Ottoboni nel palazzo della Cancelleria vaticana poi demolito e   la piccola Cappella Antamoro a San Gerolamo della Carità (1708-1710), ornata da una statua di San Filippo Neri di Pierre Legros. Qualche anno più tardi il maturo e ormai famoso Juvara, esattamente nel 1724, si ritrovò a dover gestire le più importanti imprese di opere pubbliche del tempo in simultanea i Savoia da un lato e la prestigiosa fabbrica di S.Pietro in Roma dall'altro, qui succedette come Architetto a Domenico Fontana. Tra i suoi grandiosi progetti, sempre a Roma, vi fu il grandioso palazzo dei conclavi, ma anche questa importante opera capitolina non trovò realizzazione.

 

 

Antonello da Messina a Roma

Antonello da Messina è presente in Roma alla Galleria Borghese con il Ritratto d’uomo. La tela si trova nell’omonimo museo sito in Piazzale del Museo Borghese 5. Il dipinto è realizzato con la tecnica dell’olio su tavola delle dimensioni 31x25,2. Il ritratto antonelliano proviene dalla collezione borghese ed è datato intorno al 1475 pochi anni prima della morte in Messina del gigantesco pittore siciliano. L'espressione intelligente e lo sguardo vivace del personaggio raffigurato costituiscono l'aspetto più coinvolgente dell'opera, considerata uno dei capolavori della fase matura di Antonello. La veste rossa e il copricapo, tipici capi d'abbigliamento dei patrizi veneziani, permettono di restringere la datazione al biennio trascorso dall'artista nella laguna, dove la sua attività di ritrattista era particolarmente apprezzata. La tavola non è firmata ma è probabile che Antonello avesse apposto il cartiglio col proprio nome direttamente sulla cornice. Il dipinto è elencato per la prima volta negli inventari Borghese del 1790 con l'attribuzione a Giovanni Bellini e fu restituito al pittore su basi stilistiche solo nel 1869. Studi recenti escludono sia l'ipotesi di una sua identificazione con il patrizio Michele Vianello sia l'eventualità della provenienza del ritratto dalla collezione di Olimpia Aldobrandini. Il recente restauro ha restituito una completa leggibilità alla superficie dove è ora possibile scorgere con chiarezza la foggia della cuffia nera indossata dall'uomo.Le striature scure del corpetto sono il risultato di un'antica pulitura con solventi a base di cloro che hanno causato il viraggio del colore da rosso a nero. Infine nella capitale italiana da tempo, nei locali della Basilica di S. Maria degli Angeli e dei Martiri si è costituita l’Associazione Culturale Antonello Da Messina che svolge varie iniziative di studio per promuovere la figura e l’opera di Antonello Da Messina. Questa attività ha ricevuto il riconoscimento della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per l'Informazione e l'Editoria - che ha assegnato all'Associazione il "Premio cultura anno 2000" per "la pregevole attività svolta a favore della diffusione della cultura

  

Sant’Annibale Maria Di Francia a Roma

Sant’Annibale è presente nella città romana con una chiesa a lui dedicata retta dai Rogazionisti in Piazza Asti, 10. La Parrocchia fu costruita su progetto di Raffaele Boccuni negli anni cinquanta-sessanta e consacrata dal cardinale Luigi Traglia il 27 maggio 1965, solennità dell’Ascensione. La chiesa è sede parrocchiale, istituita il 13 giugno 1956 ed affidata ai Padri Rogazionisti, proprietari dell’edificio, il cui fondatore, Annibale Maria Di Francia, è uno dei contitolari della chiesa parrocchiale. Due lapidi interne alla chiesa ricordano che due papi l’hanno visitata, Paolo VI il 1° gennaio del 1974, Giornata mondiale della pace e Giovanni Paolo II il 6 maggio del 1979, Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni. All’esterno della Chiesa, nell’aiuola di Piazza Asti, è collocata una statua bronzea raffigurante S.Annibale, inaugurata e benedetta il 19 marzo 2006 dal cardinale Angelo Sodano La statua realizzata ad Ortisei, si ispira al modello di un artista spagnolo e rappresenta S.Annibale circondato da ragazzi, maestro ed educatore. Sui due portoni laterali si trovano due mosaici del padre Ivan Rupnik: uno raffigurante S.Antonio e l’altro S.Annibale, i due patroni e titolari della Parrocchia. Sulla facciata è anche scolpita l’iscrizione della nuova titolazione della Parrocchia, avvenuta nel 2008 e celebrata nel 2009. Sulla lastra di marmo bianco che sormonta il baldacchino o ciborio, vi è incisa in latino la frase evangelica del carisma rogazionista: “Rogate ergo Dominum messis ut mittat operarios in messem suam” (Pregate dunque il padrone della messe, perchè mandi operai nella Sua messe). Il fondo della chiesa è arricchito dal maestoso mosaico realizzato negli anni ’80, ritraente Cristo in posizione centrale e le figure di Sant’Antonio a destra e Sant’Annibale Maria Di Francia a sinistra. Il tema del mosaico è: “Date loro voi stessi da mangiare” (Mt 14,16). Si notano i due Santi infatti, che insieme agli apostoli, ricevono la forza di dare il pane ai poveri, sia quello materiale (S.Antonio) che quello divino, l’Eucaristia (S.Annibale). Il 12 febbraio 1973 con decreto del Sommo Pontefice Paolo VI, la chiesa ha ottenuto il titolo cardinalizio presbiterale di “Sant’Antonio da Padova a Via Tuscolana”; l’attuale cardinale titolare è il francescano brasiliano Paulo Evaristo Arns. In data 3 novembre 2008 il cardinale vicario di Roma, Agostino Vallini ha firmato il decreto di modifica della denominazione della nostra Parrocchia di S. Antonio a piazza Asti in Parrocchia “Santi Antonio e Annibale Maria”. 

Il 7 luglio del 2010, il Santo Padre Benedetto XVI, nel recarsi all’Udienza Generale, ha sostato di fronte alla statua monumentale di Padre Annibale che proprio in quella data fu collocata nella nicchia esterna della basilica di San Pietro prossima all’ingresso del cortile delle Campane, per benedirla. Presenti insieme al Santo Padre i membri del Capitolo Generale della nostra Congregazione e di quello delle Figlie del Divino Zelo, iniziati entrambi il giorno precedente, ed una rappresentanza della Famiglia del Rogate. Il fondatore vi è raffigurato con in mano un vangelo aperto sulla pagina del rogate. L'opera, realizzata da Giuseppe Ducrot, è stata collocata insieme a quelle di altri santi fondatori di istituti religiosi come dicevamo in una delle nicchie esterne della basilica Vaticana. In questo caso la prima, all'arco delle Campane, accanto a quella di santa Maria Soledad Torres Acosta, fondatrice delle serve di Maria ministre degli Infermi, che fu benedetta il 13 novembre 2002. È alta cinque metri e trenta, ed è stata scolpita in un monoblocco marmoreo di Carrara. Benedetto XVI è giunto in automobile verso le 10.30 in piazza dei Protomartiri romani, accolto dagli applausi e dai canti dei fedeli giunti dai luoghi legati alla figura e alla vita del santo:  la Sicilia e Messina in particolare, ma anche la Puglia e la Campania, da dove proveniva un coloratissimo gruppo di giovani in festa.
Il Pontefice ha presieduto un breve momento di preghiera, nel quale ha invocato il Signore affinché mandi nella sua "messe" "degni operai del Vangelo", auspicando che "tutti coloro che contempleranno questa immagine, ispirandosi al suo stesso spirito di carità crescano in amore verso il prossimo".
Dopo aver assistito allo scoprimento della statua, il Papa l'ha aspersa con l'acqua santa e ha impartito la benedizione ai presenti augurando loro una "buona giornata". Quindi ha salutato i consigli generalizi dei rogazionisti  del  Cuore  di  Gesù, guidati dal superiore padre Giorgio Nalin, e delle figlie del Divino Zelo, con la superiora madre Diodata Guerrero; e lo scultore quarantaquattrenne romano Ducrot.
Tra le numerose personalità presenti, i cardinali Rodé, Dias, Comastri, Cacciavillan, Martino e De Giorgi; gli arcivescovi Stella, Gioia, Marra - emerito di Messina - e Cuccarese; i vescovi Lanzani e Vitale, presule rogazionista di Lezhë in Albania; i monsignori Sciacca e Scotti; il sindaco di Messina, Giuseppe Buzzanca, il presidente della provincia Nanni Ricevuto, l'ambasciatore d'Italia presso la Santa Sede, Zanardi Landi, il direttore dei Musei Vaticani Paolucci, il segretario della Pontificia Commissione per i Beni culturali della Chiesa Buranelli, il sottosegretario del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali Scelzo, autore di una biografia di sant'Annibale; il medico personale del Papa Polisca, nuovo direttore di sanità ed igiene del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, e il direttore del nostro giornale.
Benedetto XVI era accompagnato dall'arcivescovo Harvey, prefetto della Casa pontificia, dal vescovo De Nicolò, reggente della Prefettura, da monsignor Gänswein, segretario particolare. A fare gli onori di casa, l'addetto per il Protocollo della Casa Pontificia, padre Leonardo Sapienza, sacerdote rogazionista.

Infine a conclusione di tale resoconto possiamo aggiungere che a Roma vi è intitolato a Sant’Annibale Maria Di Francia anche una Scuola, un Istituto comprensivo paritario sulla Circonvallazione Appia. Ivi c’è la possibilità di frequentare le classi per l’infanzia, la primaria e la secondaria di primo e secondo grado.

 

 

Leone II

Grande Santo messinese e Papa della Chiesa Cattolica, infatti, il 17 Agosto del 682 venne assunto al Pontificato nella Basilica di Santa Susanna, ebbene si a diventare Papa fu un cardinale messinese, che prese il nome di Leone II. Salì al soglio pontificio dopo la morte di Agatone dopo quasi due anni di sede vacante.Fu durante il pontificato di Leone che la dipendenza della sede di Ravenna da quella di Roma venne stabilita definitivamente per editto imperiale. Questo papa cercò di affermare la supremazia papale contro i continui tentativi dei patriarchi di Costantinopoli di liberarsi dalla dipendenza da Roma. Fatto importantissimo di questo papa è l'istituzione dell’aspersione dell’acqua benedetta sul popolo nei riti cristiani e  e il bacio di pace nella Messa.   Morì il 3 luglio 683 e fu sepolto in S. Pietro, giorno nel quale si festeggia il grande Santo Messinese; ma stranamente data mai ricordata dalla sua città natale. Intorno al 1100, le sue reliquie insieme a quelle dei suoi successori Leone III e IV, furono poste vicino a quelle di S. Leone I Magno. Quando fu eretta la nuova basilica di S. Pietro, le reliquie dei papi Leone I, II, III e IV, furono trasportate, il 27 maggio 1607, sotto l’altare di S. Maria de Columna alla presenza di papa Paolo V, che ne aveva effettuato una ricognizione. Il pontificato di questo papa durò appena un anno e venne poi dalla Chiesa santificato. Messina per ricordarlo gli dedicò nel 1623 una delle 18 porte dell'antica Palazzata e precisamente quella che dalla marina conduceva al Pozzoleone, la quale per questo motivo fu detta Porta Leonina. Ancora oggi la città ricorda questo Papa dedicandogli un quartiere, il più vasto e popoloso, e precisamente il IX detto appunto S. Leone.

 

 

San Placido Anici Compatrono messinese Nato a Roma, morto e vissuto a Messina

Vissuto nel VI secolo, Figlio di Faustina, nobildonna messinese e Tertullo Anici (nobilissima gens romana) discepolo Prediletto di San Benedetto e amico di S.Mauro, Compatrono di Messina, martirizzato in Messina nell'anno 541. Gran Santo Messinese.

Placido Anici nacque da Tertullo, uomo nobilissimo ed illustrissimo, al tempo in cui nella vecchia Roma regnava il Re Teodorico e nella nuova reggevano le sorti dell'Impero Giustino Senior e Giustiniano. Tertullo della gens degli Anici, il cui stemma onorava la sua casa, si distingueva sopratutto per sapienza, fortezza e prudenza, così da essere chiamato <<Padre della Patria>> da tutto il popolo Romano. La madre di S.Placido era Faustina nobildonna messinese, sorella di Elpide,  quest'ultima famosa al tempo per aver composto alcuni Inni Sacri per la Chiesa e per essere moglie del famosissimo Filosofo Severino Boezio, anch'egli morto per la fede in Cristo. Come dire una famiglia ricca di virtù e santità. Tertullo e Faustina (oggi sul V.le Boccetta c'è una via che li ricorda), ebbero 4 figli, i nostri Santi Martiri, i dolci e soavi: Placido,Euticchio, Vittorino e Flavia. (Acta Prolixoria 4 - Matilde Oddo Bonafede -Sommario della storia di Messina). Il Piccolo Placido dopo la prima formazione cristiana quando compì 7 anni, fu presentato dal Padre Tertullo a S.Benedetto, fondatore dell'ordine dei benedettini e suo grande amico, per essere da lui erudito. Insieme a Placido fu affidato al Santo norcino un altro giovane, Mauro, figlio di Equizio, nobile romano. I due diventarono grandi amici e Mauro ebbe a considerare  Placido un fratello essendogli  quest'ultimo più piccolo. S.Gregorio chiamava S.Placido <<Puerulum (Fanciullino)>>. La sua  innocenza angelica lo rendeva carissimo a tutti e specialmente al santo fondatore dell'ordine S.Benedetto.  Il fanciullino, faceva notevoli progressi in santità ed eccellenza nell'esercizio delle virtù. Le sue doti erano l'umiltà we l'obbedienza, quando ne ebbe l'età anch'egli si diede all'arte di educare. Piaceva a tutti i monaci contemplare questo fanciullino per i corridoi del chiostro ed intrattenersi con lui in amabili coversazioni, pronto sempre alla mestizia 3e all'obbedienza verso tutti i confratelli e attento nel compiere tutti i sevizi anche i più umili che a lui venivano affidati. Ci tramanda il Papa Zaccaria:<<Placido, essendo ancora fanciullino, adorna la sua puerizia con ascetiche fatiche>>. La vita di San Placido ci viene raccontata ricca di episodi staordinari e fatti prodigiosi. Uno di questi è l'acqua dalla dura roccia, dietro preghiera rivolta a Dio, perchè i monaci non fossero costretti ad andare lontano per attingerla con gravi difficoltà data la particolare posizione del monastero di Subiaco. Il fatto più eccezionale compiuto dal giovanetto è racconatato sempre da S. Gregorio .....<<Un giorno, mentre lo stesso Venerabile Benedetto, stava nella cella, il predetto fanciullo Placido, monaco del Santo Ordine, usciì per attingere l'acqua dal lago, il quale (il Fanciullino) immergendo incautamente il vaso, che teneva nell'acqua, anche lui cadendo lo seguì; l'onda subito lo rapì e quasi lo trasse da terra per un trar di saetta. Ma l'uomo di Dio, posto nella Cella (San Benedetto), subito conobbe tutto ciò e presto chiamò Mauro, amico di Placido dicendo:...Fratello Mauro, corri perchè quel Fanciullino che era andato ad attingere l'acqua è caduto nel lago e già l'onda lo trae lontano... Chiesta ed ottenuta la benedizione Mauro corse in aiuto di Placido e stimando di andare per terra, sino al luogo in cui l'onda aveva rapito il fanciullo, lo trattenne per i capelli e anche con rapida corsa ritornò. Il quale appena toccò terra e, ritornato in sè, guardò dietro le sue spalle, conobbe di avere corso sopra le acque e non potendo presumere che ciò si fosse fatto, pieno di ammirazione ne ebbe timore>>. Fu dopo San Pietro il primo Santo dopo l'anno zero, che camminò sulle acque secondo questa trascrizione di San Gregorio. Il Mabillon afferma che il fatto deve essere accaduto verso l'anno 528, all'età di 14 anni, sei anni dopo l'ingresso di Placido al monastero. In quello stesso anno essendo più maturo e già un giovinetto si trasferì alla casa madre dei benedettini, Montecassino, monastero tutt'ora esistente. San Benedetto lasciando Subiaco, appunto, volle portare con sè il fanciullino, da un lato per completare la sua educazione alla santità e dall'altro presago della missione di fede che presto gli avrebbe affidato quella di aiutare un popolo, quello messinese. San Placido per volere dello Spirito Santo, fu mandato a Messina dove il padre aveva moltissime proprietà. In quella città ponte di congiunzione tra l'Occidente Cristiano e l'Oriente Bizantino, tra il Continente Europeo e quello Africano e Mussulmano. Quello era il luogo natio della sua mamma, la nobildonna di fatto e di cuore Faustina, la terra dei suoi avi, quello il luogo Santo già prediletto da Maria, la Dama Bianca, che Placido ebbe ad amare più di se stesso, quella la sede dove avrebbe edificato il primo virgulto, il primo monastero benedettino fuori dal ceppo cassinese. La sua predicazione fu tanto prolifica in terra di Messina e la sua dedizione e il suo attaccamento verso i cittadini messinesi fu tanto forte che la sua venerazione ed il suo culto in terra peloritana era fortissimo, sentito e praticato fino a poco dopo il 1908. Per questo attaccamento a messina portato fino al martirio egli ne fu proclamato copatrone insieme con la Madonna della Lettera fulgido esempio di splendore dell'anima e di dedizione verso il prossimo. Ma oggi il suo culto non è più di moda (Messina è vittima della "Moda") ormai tutti si sono dimenticati dell'antica missione di Placido, del Fanciullino e nessuno lo santifica più nella gloria di Dio.

(foto e storia)

                         Massimo Mastronardo 12 gennaio 2015

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