AD UN TRATTO LA METAMORFOSI…………

 

 

      Per spiegare meglio la società di Messina quando ancora la metamorfosi non aveva preso piede in città continuiamo le nostre interviste, questa volta è toccato ad una signora che viveva con entusiasmo in quella Messina che non è più.

La signora Moleti - De Domenico è una insegnante in pensione che ha vissuto le glorie e i fasti della Messina anni ’50-’60.

 

L’indolenza, il senso di fatalità che è connaturata nei messinesi ha radici lontane, ma sicuramente un tempo era maggiore la voglia di fare che non di stare a guardare sentendosi impotenti ed in completa balìa del destino.

 

     Allora sicuramente c’era meno materialismo, si ricercava meno l’interesse personale e si favoriva invece il benessere della collettività, c’era più il senso di solidarietà. Ricordiamoci che si usciva da una terribile guerra che sicuramente aveva messo le basi a questo senso di aiuto reciproco. C’era più moralità, quindi forse era meno evidente il lato negativo dell’indolenza e del senso di fatalismo del messinese e si metteva in moto l’operosità. E tutti noi eravamo fieri del fervore artistico e culturale di Messina. Nasceva in quegli anni “La Gazzetta del Sud” per volontà di Umberto Bonino, messinese di adozione, poi c’era la Rassegna che ospitava artisti internazionali, chi non ricorda Litz Tylor e Richard Burton. L’Irrera a Mare con il suo favoloso e intramontabile scenario naturale dello Stretto, e l’Irrera di Piazza Cairoli salotto buono della città. Messina era il crocevia dell’Europa, infatti con la conferenza di Messina del 1955 per volontà di Gaetano Martino, i ministri degli esteri d’Europa decisero di dar vita al “Mercato Comune Europeo”.Quasi senza accorgercene siamo stati privati di tutto ciò, ed è stata veramente una perdita imperdonabile. Non ci siamo resi conto di ciò che stavamo perdendo e che occorreva difendere questo patrimonio. Sia gli amministratori che tutti i cittadini avrebbero dovuto lottare e non stare a guardare.

Con quali mezzi e come si sarebbe potuto intervenire per non perdere questo patrimonio.

     Gli operatori economici, gli uomini politici, avrebbero dovuto mettere i loro capitali al servizio della comunità, e non invece emergere e mettersi in evidenza solo per i propri interessi per poi arrivare a Roma e dimenticarsi da dove erano partiti e di chi li aveva sostenuti. Ma soprattutto i cittadini, si sono lasciati oscurare la mente da un pseudo progresso economico che non essendo sostenuto dalla laboriosità e dall’impegno, alla fine si è rivelato un fantasma.

 

L’Italia, abbiamo detto, usciva da una guerra e da una dittatura. I giovani, mi chiedo, avevano più ideali, avevano più voglia di fare?

     Ero allora molto giovane, vedevo intorno a me e dentro di me grande foga, grande entusiasmo, grande vitalità. Ma questa gioia di vivere fremeva in tutta la città, era un proliferare di iniziative lavorative e culturali. Nascevano locali di ritrovo,circoli culturali e ricreativi e poi ricordiamoci del famoso Carnevale Messinese, potenziato e consolidato, momento di grande allegria, e mai di volgarità. E poi i famosi balli alla Camera di Commercio, anche quelli molto importanti dove intervenivano artisti di grande fama e prestigio. I Teatri quali il Peloro e il Savoia, le cui tavole sono state calcate da artisti di fama mondiale.

 

Penso all’area in Fiera dove una volta c’era l’Irrera a Mare, chi la vede adesso ha davanti a sé un luogo abitato dai fantasmi, luogo silenzioso e desolato. Come ritrasformerebbe quei luoghi.

     Il passato non può ritornare e non si può vivere di sogni e ricordi. Però i luoghi sono sempre lì a disposizione di tutti noi come semplici cittadini, come imprenditori, come politici, e allora anche se in altro modo si potrebbe fare risplendere ciò che un tempo fu grande e illustre. Tutte le volte che passeggio per Messina, provo grande tristezza e mi si stringe il cuore e considero che si potrebbe fare ancora meglio.

 

Allora tutto dipende dalla volontà dei nostri politici che dovrebbero attivarsi di più.

     Tutti dobbiamo fare politica, perché farla significa interessarsi della propria città. Ognuno dovrebbe preoccuparsi dei problemi, e non fare finta di non vedere, di non sentire. Bisogna partecipare alla vita comune capendo che il bene di tutti, coincide con il bene del singolo. Servirebbe qualche lezione di educazione civica. La colpa del degrado della città è da distribuire su tutti, politici e non.

 

Per concludere, Le chiedo, qual è il ricordo più bello delle sue Rassegne all’Irrera. 

     Non c’è un solo episodio, ma è il “Ricordo” che resta dentro, la “Memoria”, le “Immagini” di scenari indimenticabili impressi nella mente, i “Suoni” delle voci e delle musiche, la “Nostalgia” per un’epoca che fu e che spero ritorni, non tanto per me, ma soprattutto per voi giovani. Non è frivolo ricordare che allora gli uomini indossavano lo smoking e le donne portavano l’abito lungo da sera. Adesso le occasioni per potere indossare quei capi sono quasi completamente scomparse. Anche questo è segno dello splendore di un tempo che adesso non c’è più, di una bella favola che spero possa essere di nuovo raccontata

 

Pubblicato sul settimanale "Club" in data 29.03.2002

 

Massimo Mastronardo

 

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