Francesco Sicuro nasce a Messina nel 1746 da Antonio Sicuro e Maria Franchi, con una passione nei geni: l'arte dell'incidere. Ma egli oltre alla rappresentazione su rame, la pittura, il disegno e l'architettura aveva un'altra grande passione, l'amore incommensurabile verso la sua città che successivamente, anche durante il periodo napoletano, porterà dentro il suo cuore nel più profondo di sé stesso, come una fiammella sempre accesa. Domandiamoci però chi era davvero Francesco Sicuro, questo grande messinese, nostro concittadino illustre. Tutto comincia presso i Padri della Compagnia di Gesù, l'Accademia Carolina di Messina, quando il suo professore Andrea Gallo, figlio dell'immenso cultore di storia patria messinese, Caio Domenico Gallo, gli diede un incarico prestigioso (1768), ovvero quello di realizzare al bulino su rame alcune "Vedute e Prospetti della città di Messina" che a lui erano più care nel suo immaginario poetico e artistico. Partorì in una Messina dove era grande la scuola degli incisori e dei cesellatori, (ricordiamo i fratelli Juvara e le grandi sculture argentee che ancora custodiamo) ben 21 stampe, firmate come F.S.M.D. et / (Francesco Sicuro Messinese Disegnò et incise). Sono ed erano talmente belle e raffinate, così precise nei dettagli e nei particolari che qualche anno dopo il famoso Jean Hoüel riprodusse fedelmente le ultime sei, cui va ad aggiungersi la splendida grande veduta Messina Capitale guardata dal Settentrione, in un numero limitato di copie che andò letteralmente a ruba in tutta Parigi e nella Francia del tempo, l'opera fu inserita nell'importante collezione, appunto dell'Hoüel, chiamata Voyage Pittoresque e stampata proprio nella capitale francese durante l'anno 1783 . Dopo gli studi per continuare a far fruttare il suo talento si trasferì in Napoli presso la corte reale dei Borboni, qui diede iniziò ad una perfetta e senza macchia carriera militare riuscendo ad arrivare fino al grado di Maresciallo. Sempre nella città partenopea, nelle arti, il suo maestro fu Ferdinando Fuga. Qui alle falde del Vesuvio progettò edifici, strade e piazze e continuò la sua professione di incisore portando a termine due vedute di Villa Resina. Sotto il regno di Ferdinando IV diede alla luce la costruzione di un nuovo Teatro (1778), “Teatro del Fondo", dal nome d’una società militare (Fondo di separazione dei lucri) che, con i proventi confiscati al Disciolto Ordine dei Gesuiti, mise in opera la struttura, Esso venne eretto nella piazza del Castello e fu inaugurato con l'opera "L'infedele Fedele" di Domenico Cimarosa personalità molto legato oltre che a Napoli anche a Messina dove portò diverse opere al Teatro della Munizione come "Le nozze in garbuglio". Oggi il teatro è meglio conosciuto come Stabile Mercadante, uno fra i palcoscenici più prestigiosi del capoluogo campano. L’opera più importante del Sicuro, realizzata a Napoli, fu comunque il palazzo del “Principe di Salerno” (1775), codesto è un edificio di interesse storico-monumentale, che successivamente fu ridenominato sotto il toponimo di "Palazzo dei ministri di Stato Borbonici", posto nella bellissima e centralissima Piazza del Plebiscito. Sei anni dopo nel (1786) venne incaricato di progettare e risistemare uno dei luoghi più antichi di Napoli e cioè Piazza Mercato meglio conosciuta come "Campo del Moricino" dal nome dell'antica murazione. La piazza così come la vediamo oggi, stilisticamente e architettonicamente è il frutto delle idee del nostro Sicuro. L'attuale sistemazione con l'esedra, infatti, dettata per raccordare l'impianto della piazza di forma rettangolare che è poi definito dai corpi delle botteghe con la facciata della Chiesa di Santa Croce, dove il tutto è ultimato con eleganza grazie a due fontane-obelischi, è l'opera, per nostro vanto, del grande artista messinese. Fu anche addetto alla regia fonderia e divenne successivamente Ispettore della fabbrica delle armi. Inventò inoltre, dimostrando di essere perspicace in ogni campo del sapere, un nuovo strumento matematico, detto Monocometro, e presentò un valido ed apprezzato progetto che fu poi realizzato per la ricostruzione della Palazzata di Messina violentata parzialmente dal terremoto del 1783. L’artista si spense a Napoli nel novembre del 1826 ed Il suo attaccamento alla causa Borbona fu così forte che non vacillò mai, neanche durante l'esilio di Ferdinando IV a Palermo. Di ritorno con il Sire a Napoli, Francesco, si interessò alla fabbricazione di porcellane, di cui sperimentò nuove tecniche, ma purtroppo nonostante il suo genio e le grandi opere innalzate agli occhi delle platee mondiali sparse per tutta l'Italia, finì tristemente la sua lungimirante vita sfortunatamente in miseria a Napoli, senza più un soldo con nel cuore sempre e solo la sua amata città che non era più incisa su tavolette di rame ma con fuoco e spirito nel suo Cuore.