Vulcano

 

   

 

Antica divinità italica, personificazione del Fuoco, preposta all'industria dei metalli. Vulcano fu anteriore a Giove, di cui in origine aveva anche gli attributi; per questo fu venerato anche come dio dei Fulmini e della Guerra. Per compensarlo della sua bruttezza di fabbro adusto e zoppo, gli dèi gli diedero come sposa Stata Mater, che secondo alcuni mitologi, era la Terra Maia. Si narra che fosse così spiacevole di aspetto quando nacque, che sua madre prese ad odiarlo e finì col precipitarlo giù dall'Olimpo. Il povero reietto cadde per un giorno intero, e, quando si fermò, si trovò tutto azzoppato, sull'isola di Lemno che fremeva di fuochi nascosti. Là impiantò la sua fucina in un cratere e vi lavorò alacremente per nove anni, a battere e plasmare il ferro , il bronzo e i metalli preziosi. Lì dove c’è un vulcano vi è la sua dimora e così lo si trova sia nelle viscere fumose dell'Etna, sia in fondo al cratere dell’isola eolica di Vulcano che proprio da lui prese il nome, dove aveva un'altra fucina e in entrambe, coadiuvato dai Ciclopi, giganti con un occhio solo nel mezzo della fronte, batteva sull'incudine i fulmini degli dei. I Ciclopi siciliani sono gli artefici del fulmine di Zeus e sono anche i fabbri degli dei, sotto la direzione di  Efesto o Vulcano dio del fuoco, ai quali forniscono le armi. Abitano la Sicilia e le Eolie, in caverne sotterranee dove i colpi delle loro incudini e il loro ansimare fa brontolare i vulcani della zona, mentre il fuoco della loro fucina arrossa la cima dell'Etna. I boati dell'Etna, di Vulcano e Stromboli, tutti collegati da un sotterraneo cunicolo, insieme alle piogge di sassi e di lapilli, alle lente colate della lava erano per gli antichi l'indizio dell'attività sotterranea di questo dio  Vulcano temibile ed orrido  e dei suoi ispidi e fuligginosi inservienti.

A Roma fu venerato come dio del Focolare e protettore dagli incendi; presiedeva al suo culto il Flamen Vulcanalis. In Epoca posteriore la figura di Vulcano si fuse con quella del greco Efesto. Come fabbro fonditore di metalli, i Romani chiamarono Vulcano Mulciber e gli dedicarono un tempio presso il Circo Flaminio. Fu oggetto di culto in Etruria e anche ad Ostia, dove fu onorato come massima divinità.

 ED ECCO IL MITO DI VULCANO O EFESTO …

Efesto o Vulcano , dio del fuoco, fu il fabbro degli dei. Figlio di Zeus e di Hera, quando nacque la madre non, lo accettò con amore, infatti, quando lo vide restò terrorizzata dalla bruttezza dell'essere che la regina degli dei aveva generato, così vergognandosi di lui decise di scaraventarlo giù dall'Olimpo. Il piccolo dio cadde nell'oceano dove fu raccolto da Teti e da Eurionome, ninfe del mare, che lo nascosero in una caverna prendendosi cura di lui. Efesto rimase con loro fino all'età di nove anni e, pur crescendo brutto e storpio, rivelò subito delle eccezionali abilità nel forgiare metalli. Preparata un’officina, all’interno della caverna, egli ricambiò tutto l’amore ricevuto da Teti ed Eurinome fabbricando per loro gioielli d’inestimabile bellezza.

Teti chiede a Efesto di forgiare le armi per Achille.
Affresco da Pompei, I sec. d.C.
presso il Museo Archeologico Nazionale di Napoli

Un giorno Teti presentandosi ad un banchetto indetto dagli dei, adornata dai gioielli forgiati da Efesto-Vulcano, fu al centro dell’attenzione di tutte le dee ma soprattutto di Hera, che essendo la regina dell’Olimpo, non poteva essere seconda a nessuno. Alla fine del banchetto Hera chiese a Teti chi era stato l’artefice dei tanti ammirati gioielli, e Teti, temendo per il suo protetto, cercò di esimersi dalle domande, ma Hera facendosi più insistente la costrinse a confessare. Saputa la verità, Hera ebbe qualche rimorso nei confronti del figlio, e volle incontrarlo, senza però rivelargli la sua vera identità. Così facendo Hera glicommissionò un trono d’oro, Efesto, però, riconobbe subito la madre e cercò di vendicarsi per il male fattogli da piccolo. Quando il trono fu pronto, la regina, lo fece ammirare a tutti gli dei, esaltando la bravura con la quale era stato lavorato, ma soprattutto che, chi l’aveva costruito era stato un dio, suo figlio Efesto, e chiese a Zeus di accettarlo sull’Olimpo. Tutto era perfetto solo un particolare non andò a       genio a Hera, in pratica lei non si poteva più alzare dal trono perché dei lacci trasparenti l’avevano legata. Alle sue grida disperate tutti gli dei andarono a consolarla e Zeus mandò Ermes a cercare Efesto, perché sciogliesse la madre dal misterioso ordigno, però lui non accettò di andarci e anzi provava gioia per la burla riuscita. Dopo il fallimento d’Ermes, fu il turno d’Ares, ma fu inutile, quindi per ultimo fu mandato Dioniso, che col dolce suo vino ubriacò Efesto e lo convinse a liberare la madre. Zeus, per sdebitarsi del torto fatto dalla moglie gli offrì in sposa Venere. Efesto sull’Olimpo fu bene accettato perché inizio a costruire palazzi ed oggetti utili agli dei come il tridente di Poseidone, il carro del sole, spade, elmi ed altro. Col tempo Efesto dimenticò il torto subito dalla madre e si affezionò a lei, e proprio perché la difese durante un litigio col marito, egli fu scaraventato giù dall’Olimpo su Lemmo, però questa volta per mano del padre. In seguito stanco per essere deriso per la sua goffaggine e per i continui tradimenti di Venere, decise di lasciare per sempre l’Olimpo e di rifugiarsi nelle viscere del monte Etna. Qui aiutato dai Ciclopi continuò la sua abilità di lavorare qualsiasi oggetto.

     Massimo Mastronardo

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