Cariddi

 

 

 

Scilla e Cariddi metafora di morte (i due mostruosi esseri divini che inghiottivano le navi e divoravano i marinai che osavano passare nelle loro vicinanze), Glauco emblema della vitalità che anima lo Stretto: due forze contrastanti che coesistono nello stesso raggio di mare e nella vita.

 

Ben rappresenta Giovanni Pascoli questo eterno conflitto vita-morte in questa speciale atmosfera dello Stretto, che egli nei suoi scritti definirà affascinante:

 

“E allora l’aspra raffica discorde/portava lei contro Cariddi e Scilla./ E già l’eroe sentì Scilla abbaiare,/ come inquieto cucciolo alla luna,/ sentì Cariddi brontolar bollendo, /come il lebete ad una molta fiamma;/ e le dodici branche avventò Scilla, /ed assorbì la salsa acqua Cariddi:/ invano. Era passata oltre la nave.”

(Da Poemi conviviali, L’ultimo viaggio)

 

.Il primo a raccontare questo mito fu Omero spiegando che Cariddi si trova di fronte a Scilla lì dove le sponde par che si tocchino. Per Omero, Cariddi era un tempo una bellissima ninfa che tramutata da Giove in mostro  abitava in una rupe sul mare sotto un gigantesco fico sulla sponda Siciliana dello Stretto. Ella  era tormentata da una grande voracità che per tre volte al giorno inghiottiva enormi quantità d’acqua con ciò che conteneva: pesci, barche e uomini.

 

 

E Virgilio nell’Eneide III 420-23 dice:

 

 “Il fianco destro di Scilla, il sinistro Cariddi implacabile tiene, e nel profondo baratro tre volte risucchia l’acqua, che a precipizio sprofondano, e ancora nell’aria con moto alternale scaglia, frusta le stelle con l’onda

 

 

 

 

CARIDDI  figlia di Posidone e di Gea la Madre Terra era una donna vorace e  rapace, rubò a Eracle una mandria di buoi e Zeus la punì fulminandola e facendola cadere nel Mediterraneo nello Stretto tra la riva Siciliana e quella Calabra.Qui rimase sotto forma di grande scoglio, pericoloso per i naviganti. Omero immaginò che questo scoglio inghiottisse tre volte al giorno le onde dello stretto che separano la Sicilia dalla costa italica, e tre volte le vomitasse. Per evitare lo scoglio o i vortici di Cariddi, i naviganti dovevano avvicinarsi a quello di Scilla che con le sue bocche latranti li ingoiava.  Cariddi rappresentava i pericoli della navigazione nello stretto di Messina in particolare  Questa figura si identifica con un fenomeno di maree presente in vari punti dello stretto, in particolare presso la punta Faro, che genera spostamenti d'acqua in senso orizzontale, flusso (bastardo) e riflusso (garofalo), e veloci emersioni di acque profonde che generano gorghi (garofoli).

                                                                                                                                                                      Massimo  Mastronardo

 

 

MITI

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